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Formare le forze dell’ordine alla nonviolenza

Il convegno Nonviolenza e forze dell’ordine (Livorno, 29 aprile 2016) segna un punto di svolta decisivo nel lungo cammino dell’idea che la formazione alla nonviolenza (che è fine e mezzo) sia fondamentale per ottenere una maggiore efficacia nell’agire di chi è istituzionalmente preposto al mantenimento delle convivenza civile, al rispetto delle leggi, al controllo del territorio, alla tutela dei diritti di tutti e alla repressione dell’illegalità.

Organizzato dal Centro Studi Nonviolenza del Movimento Nonviolento, dal sindacato di Polizia Silp-Cgil della Toscana, dalla rivista Azione nonviolenta, con il patrocinio del Comune di Livorno e del Ministero dei beni e delle attività culturali, il convegno ha registrato un successo non solo di partecipazione, con un folto pubblico di agenti e cittadini intervenuti, ma anche di qualificate presenze, dal Questore al vicepresidente del Consiglio Comunale, dalla rivista Polizia e Democrazia, al dirigente della Scuola di Polizia, oltre a tanti esponenti dei movimenti nonviolenti provenienti da molte parti d’Italia.

Obiettivo del convegno era quello di sostenere e contribuire all’avanzamento della discussione parlamentare sulle diverse proposte di legge presentate in questa legislatura sulla base soprattutto del meritorio lavoro del Centro di ricerca per la pace di Viterbo, che dopo la gravissima frattura avvenuta nel 2001 in occasione del G8 di Genova tra manifestanti e polizia, ha lavorato all’elaborazione di un testo ed esperienze pratiche per l’introduzione della nonviolenza nei percorsi formativi del personale delle forze di polizia.

Pur nella diversità di ruoli sociali, di visione e strategie di azione, i rappresentanti della Polizia di Stato e quelli del Movimento Nonviolento hanno individuato punti comuni di azione e di condivisione, a partire dal riconoscimento comune della Costituzione italiana e dei suoi valori fondanti come basi di ispirazione e di lavoro.

Già il Mahatma Gandhi aveva elaborato e sperimentato la necessità di avere corpi di polizia nonviolenta come elemento regolatore di una società basata sui principi della nonviolenza. In questo solco oggi i movimenti nonviolenti sono impegnati nella campagna Un’altra difesa è possibile, per l’istituzione di un Dipartimento della Difesa civile, non armata e nonviolenta, che attualizza e rafforza tale visione.

Il Convegno di Livorno:

  • si è concluso con la proposta di proseguire il dialogo tra nonviolenti e polizia, a partire da momenti formativi comuni che vedano lavorare insieme i giovani poliziotti con i giovani del servizio civile, nell’identico obiettivo di essere difensori dei diritti di ogni cittadino;

  • ha indicato l’opportunità di estendere tale percorso anche alle altre componenti delle Forze dell’ordine e delle realtà sociali coinvolte più direttamente;

  • ha chiesto un impegno alle diverse componenti per proposte concrete di lavoro e di formazione.

Centro Studi Nonviolenza e rivista Azione nonviolenta

del Movimento Nonviolento

L’audio completo del Convegno può essere ascoltato a questo link grazie all’Archivio di Radio Radicale

Nanni Salio

In memoria di Nanni Salio, maestro di nonviolenza

LUTTO.

Il Movimento Nonviolento piange la morte di Nanni Salio, maestro di nonviolenza.

Restiamo senza una guida, perdiamo un punto di riferimento.

Nanni se ne è andato troppo presto, ma ci consola sapere che ora è realmente nella compresenza alla quale lui stesso sempre si richiamava per sentire vivi gli amici che l’hanno preceduto, Domenico Sereno Regis, Gabriella Poli, Luca Magosso, Daci Stefancich, la sua amata compagna e moglie.

Nell’occasione dell’addio terreno alla donna che gli è stata a fianco, Nanni utilizzò queste parole, che noi ora ripetiamo per lui: “Le tue ceneri stanno per rientare nel grande ciclo della vita e della morte, che per noi umani è avvolto nel mistero. Siamo polvere di stelle dell’immenso universo nel quale ritorniamo con le nostre ceneri. Forse un giorno, quando sarà giunta l’ora, qualche frammento delle mie ceneri si unirà alle tue, nel grande Tutto verso cui aneliamo e che non riusciamo a raggiungere consapevolmente”.

Nanni ha fatto e dato molto per la nonviolenza. E’ stato un teorico, intellettuale, studioso, analista, attivista, militante, organizzatore.

Mite, schivo, compassionevole, coerente nel legame pensiero-azione. Per il Centro Sereno Regis ha dato l’anima, e ora la sua anima lì continuerà a vivere e ispirare tanti per proseguire il lavoro nonviolento.

Sta scritto nel Libro della Sapienza (3,1 – 4,7): “Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Il giusto, anche se muore prematuramente, troverà riposo”.

Nanni, il Movimento Nonviolento ti ringrazia per come hai speso la tua vita di uomo giusto.

mao valpiana
presidente

Una bella descrizione dell’opera nonviolenta di Nanni la si trova nella pagina wikipedia a lui dedicata, a cura di Paolo Macina, l’ultimo a raccogliere i suoi ricordi:
Giovanni Salio su Wikipedia

PARIGI. Ed eccola qui la guerra: ora, nonviolenza o barbarie !

Ed eccola qui, la guerra. E’ arrivata anche alla porta accanto. Con il suo orrore, il terrore, il sangue, i corpi morti. Quando la vedi con i tuoi occhi capisci davvero perché è “il più grande crimine contro l’umanità”.

E’ un’unica guerra che si mimetizza in varie forme, che si ciba dello stesso odio e defeca la stessa violenza. E’ sempre la stessa cosa, compiuta da eserciti addestrati, ben armati, finanziati, le cui vittime sono soprattutto i civili innocenti.

Ormai è una matassa ingarbugliata. Il bandolo non lo si trova più. Non serve sapere chi ha iniziato per primo, le ragioni sono scomparse e rimangono solo i torti. E’ una spirale perversa che si autoalimenta: guerra-terrorismo-violenza-odio-vendetta-terrorismo-guerra …

Ieri a Parigi abbiamo assistito in diretta ad un’operazione militare: un gruppo di soldati in armi che ha agito come un plotone di esecuzione, attaccando civili inermi, sequestrandoli, decimandoli, come facevano i nazisti nella Francia del 1940, violando ogni convenzione internazionale, fuori da ogni regola… d’altronde la guerra non ha regole, se non quella di eliminare fisicamente il nemico.

Ed è proprio questo che i mercenari dell’odio vogliono: che ognuno di noi si senta nemico all’altro, per innalzare il livello dello scontro, dove alla fine rimarrà solo chi è più spietato, chi spara l’ultimo colpo.

Già troppe volte abbiamo detto “mai più!”. Dopo la guerra del Golfo, dopo le Torri Gemelle, dopo l’attacco in Iraq, dopo gli attentati di Londra e di Madrid, dopo la strage di Charlie Hebdo, dopo quella del Bardo, dopo i bombardamenti su Libia e Siria, dopo il raid sull’ospedale di Kunduz in Afganistan, dopo il massacro all’Università di Garissa in Kenya, dopo le bombe sul corteo pacifista di Ankara … ed oggi dopo gli attentati suicidi di Beirut e di Parigi.

Piangere i morti ed esprimere solidarietà è importante, ma non basta se poi tutto continua come prima. Dobbiamo reagire. Non farci piegare dal dolore e dalla paura. Non accettare lo stato delle cose. Reagire. Reagire per spezzare la spirale, ed aprire una strada nuova. La violenza ha fallito e se perpetuata peggiorerà ulteriormente una situazione già tragica.

La via da seguire è quella della nonviolenza. Sul piano personale e su quello politico. La via del diritto, della cooperazione, del dialogo, delle alleanze con chi in ogni luogo cerca la pace, della riduzione drastica della produzione e del traffico di armi, dei Corpi civili di pace per affrontare i conflitti prima che diventino guerre, della polizia internazionale per fermare chi si pone fuori dal contesto legale dell’Onu.

Il terrorismo e la guerra (che è una forma di terrorismo su vasta scala) si contrastano con strumenti altrettanto forti, ma con spinta contraria. Siamo anche noi dentro il conflitto, e lo dobbiamo affrontare con soluzioni opposte a quelle perseguite finora. L’alternativa oggi è secca: nonviolenza o barbarie.

Movimento Nonviolento

www.nonviolenti.org

www.azionenonviolenta.it

Aldo Capitini, il fondatore del Movimento Nonviolento, lo aveva profetizzato già nel secolo scorso … non sappiamo se già prefigurava l’orrore dei tagliatori di teste, ma le sue parole sono rivolte a noi oggi:

Tanto dilagheranno violenza e materialismo, che ne verrà stanchezza e disgusto; e dalle gocce di sangue che colano dai ceppi della decapitazione salirà l’ansia di sottrarre l’anima ad ogni collaborazione con quell’errore, e di instaurare subito, a cominciare dal proprio animo (che è il primo progresso), un nuovo modo di sentire la vita: il sentimento che il mondo ci è estraneo se ci si deve stare senza amore, senza un’apertura infinita dell’uno verso l’altro, senza una unione di sopra a tante differenze e tanto soffrire. Questo è il varco attuale della storia.”

Aldo Capitini, 1936, Elementi di un’esperienza religiosa

Verona, 14 novembre 2015