Liberazione

Nostra intervista a Padre Alex Zanotelli *

Padre Alex, perché fra le 10 parole della nonviolenza hai scelto proprio “liberazione”?
Pochi concetti sono stati così pregnanti di significato nel secolo scorso, come la parola
“liberazione”, generalmente intesa come liberazione politica, sociale, economica; penso in
particolare alle lotte dei popoli colonizzati dell’Africa o dell’America Latina per liberarsi
dagli oppressori. In questo modo, per decenni, abbiamo perso, o tralasciato, l’aspetto più profondo, spirituale, antropologico della liberazione interiore dell’uomo.
Generalmente la liberazione sociale era associata a processi violenti (la rivoluzione armata),
a causa della profonda influenza del marxismo sui movimenti rivoluzionari (pensiamo agli eserciti popolari di liberazione). Molte lotte armate in Africa, in Salvador, Nicaragua, Guatemala,
risentivano dell’influenza marxista.
Per il marxismo l’Uomo è essenzialmente “buono” (il mito del buon selvaggio di Rousseau),
ed infatti il suo messaggio diceva: “cambia la struttura della società, e automaticamente
nascerà l’uomo nuovo”. E invece abbiamo visto che non è stato così!

Mentre la “liberazione” veniva egemonizzata dal marxismo, la Chiesa cosa faceva?
Questa grande influenza ideologica marxista sui movimenti di liberazione è potuta avvenire
perché la Chiesa si è alienata su posizioni schizofreniche, puntando solo sulla liberazione
personale, la liberazione in Cristo, senza preoccuparsi troppo di ciò che stava accadendo
nella società; in questo modo, è ovvio, la Chiesa di quegli anni ha perso molti appoggi popolari.
La posizione della Chiesa si reggeva su una visione evangelica: la violenza non viene dalla
società, ma dall’interno dell’Uomo. E’ chiaro che una conversione vera non si può imporre
(i regimi che hanno tentato di farlo si sono trasformati in dittature, spesso feroci), ma
deve maturare all’interno dell’individuo. Per questo la Chiesa ha continuato a dire: “cambia
l’uomo e di conseguenza cambierà anche la società”, e purtroppo in venti secoli di storia
abbiamo visto che anche questo non era vero!

Vuoi dire che la Chiesa è stata fuori dalla storia?
Il cristianesimo è stato capace di trasformare radicalmente le persone, come la conversione
di Saulo in Paolo, ma non si è mai vista una società trasformata dal cristianesimo. Ci sono
voluti addirittura tre secoli alla Chiesa per dire che l’apartheid è un peccato, e l’ha detto
dopo che l’apartheid era caduto!

Dunque il marxismo e la fede cattolica si sono “giocati” la liberazione?
Queste sono le due esperienze di liberazione sperimentate nel novecento: quella ecclesiale
e quella politica, con due diverse visioni dell’Uomo. E’ qui che dobbiamo riflettere:
entrambe queste visioni hanno fallito.
Ovunque il comunismo sia stato imposto con la forza delle armi, con la violenza, c’è stato
un fallimento tragico, come nei paesi dell’Est. Non hanno funzionato nemmeno tutte le lotte
di liberazione che io stesso sostenevo: Mozambico, Eritrea… quando hanno preso il potere è
stato un disastro!
Questi sono fatti, non è ideologia! La liberazione politico-economica-sociale promossa
dall’ispirazione marxista non ha funzionato, perché non ha saputo risolvere il problema della violenza.
Il fronte ecclesiale, invece, ha fallito perché non prendeva in considerazione il passaggio
dalla conversione personale alla conversione della società (se tu ti converti, ma restano
le strutture di ingiustizia e di peccato, quelle stesse strutture poi ti riportano ed essere un pagano).
Per questo in America Latina, dopo il Concilio Vaticano 2°, è nata la teologia della liberazione,
come tentativo di tradurre l’ispirazione biblica della sete di un uomo e di mondo nuovo.

Possiamo dire che la teologia della liberazione fu un tentativo di conciliare marxismo e cristianesimo?
Nella teologia della liberazione è mancata l‘analisi critica al marxismo, ed è per questo che
nella teologia della liberazione c’erano alcune lacune, dovute ad una riflessione non sufficiente
sul tema della violenza. Un’ambiguità che ci sarà anche nello stesso papato, che con la
Populorum Progressio (che voleva in qualche modo recepire questa nuova teologia) in certe
circostanze giustificava la ribellione violenta dei popoli oppressi..

Ma allora, la novità dove dobbiamo cercarla?
Una grande novità è stata rappresentata da Renè Girard quando, fra gli anni ’60 e ’70,
ha scritto il suo primo libro “La violenza e il sacro”, (che Le Monde definì come il libro
più importante del secolo…. eppure è stato messo subito rimosso dall’intelligenzia del tempo,
ancora troppo influenzata dal pensiero marxista). Renè Girard ha analizzato a fondo la violenza
che viene dall’interno dell’uomo, la mimesi, l’imitazione, la relazione con gli altri… e ha fatto
una disanima durissima su tutte le culture e gli imperi, che lui definisce come nati dall’omicidio
e retti sul sangue.
Nelle società primitive c’è sempre stato bisogno della vittima su cui costruire la pace sociale;
poteva essere una singola persona o un gruppo. Le religioni primitive hanno sempre avuto bisogno del “sacrificio”, del capro espiatorio. Renè Girard, agnostico, ha ricordato ai credenti che l’unico testo religioso in cui questo meccanismo salta, è proprio il Vangelo. La vittima colpevole
(Gesù, condannato dal Sinedrio e dai Romani) è proclamato innocente: uno scandalo!

Una vera rivoluzione antropologica…
E’ grazie a queste riflessioni che ho iniziato a capire cos’ha rappresentato Gesù nelle storia.
Gandhi ci aveva sempre detto che la sua nonviolenza veniva da Gesù, ma noi non l’avevamo capito.
Nel 1991 avviene l’incontro fra Renè Girard e i teologi della liberazione. Viene indicata una via
d’uscita al problema della violenza: la conversione personale deve avvenire sulla base di valori
profondi, e si deve accompagnare alla riproposizione di questi valori fuori dalla persona, nella
dimensione collettiva. Non nascerà l’uomo nuovo, l’uomo planetario, se non saremo capaci di dare corpo all’intuizione che la liberazione delle singole persone deve tradursi in alternative economiche, sociali, politiche. Queste alternative devono valere non solo per la comunità nella quale siamo inseriti, ma devono avere una dimensione globale. Oggi la salvezza è globale, o non è!
Dunque, non ci può essere vera liberazione se non con la nonviolenza attiva, e questo deve diventare il cuore della nuova società.

* Missionario Comboniano.
Intervista raccolta da Mao Valpiana