“Sradicare le cause della miseria”, è questo il compito che ci lascia l’Abbé Pierre, il fondatore del movimento Emmaus, morto a Parigi all’età di 94 anni. Il Movimento Nonviolento lo ricorda con affetto e riconoscenza grande. E’ stato un testimone del nostro tempo, una persona che ha attraversato il ‘900, secolo buio, illuminandolo con la luce della sua azione concreta e della sua forza spirituale.
Ora Emmaus Internazionale, movimento di solidarietà diffuso in tutto il mondo, è guidato dall’italiano Renzo Fior, amico della nonviolenza. Lo stesso Abbé Pierre, nel suo testamento spirituale, aveva indicato in Renzo Fior il suo successore. Renzo Fior è responsabile della comunità Emmaus di Villafranca (Verona) e presidente di Emmaus Internazionale. «Abbiamo perso non solo il fondatore ma anche un padre e un amico», ha detto oggi Renzo Fior dalla capitale francese. «L’ultima cosa che mi ha chiesto è di portare avanti la lotta contro la miseria cercando di sradicarne le cause».
Riportiamo più sotto la Biografia di questo grande uomo. Qui di seguito un intervento di Graziano Zoni (presidente di Emmaus Italia) pubblicato su “Azione nonviolenta” di marzo 2003, al quale avevamo chiesto di riflettere sulla parola GIUSTIZIA, una delle dieci parole della nonviolenza.
“Giustizia” di Graziano Zoni (presidente Emmaus Italia)
Il 27 gennaio 1985, l’Abbé Pierre venne chiamato a concludere, in Palazzo Vecchio a Firenze, il seminario che aveva per tema: “Contro la fame, cambia la vita”.In quella occasione, l’Abbé Pierre fece alcune osservazioni che penso possono efficacemente introdurre le considerazioni che vorrei condividere con gli amici lettori di Azione nonviolenta.Ecco l’inizio dell’intervento del fondatore di Emmaus: “Quando ho visto il vostro manifesto:
“Contro la fame cambia la vita”, ho pensato che ciò potesse avere due significati. Uno, imperativo: Tu, prendi delle iniziative per cambiare la vita. Ma è altresì evidente, l’ulteriore significato, non più un imperativo, ma semplicemente uno sguardo realista. Non più, soltanto, che ciascuno di noi deve cambiare la propria vita, ma: ‘ Apri gli occhi. Anche senza di te, la vita cambia!’.
La differenza è evidente. La vita cambia, e questo cambiamento avverrà o attraverso le nostre iniziative, il nostro cambiamento, oppure, senza di noi, a suon di pedate nel sedere. Questo mondo così com’è non ha futuro. Non dipende dalle nostre opinioni… è un’evidenza lampante, per più di una ragione.
I politici, in Francia come in Italia ed ovunque, si arrabattano per presentare agli elettori il proprio programma e dicono: “Votate per me, se volete uscire dal tunnel di questa crisi economica che ci tormenta”.
Non commettete l’errore di crederci. Si tratta di un inganno. La verità è che non c’è uscita da questo tunnel.
Ciò che possiamo iniziare a intravedere è il fondo del tunnel. Questo tunnel nel quale l’umanità si è trovata impegnata da secoli, avendo come spinta di ogni iniziativa: Avere di più, avere di più. E’ un cammino che finisce contro un muro. Non c’è che una sola speranza, quali che siano le opinioni dei partiti politici. Questa sola speranza è che sappiamo essere capaci, tutti, di fare qualche passo indietro.
Volontario, per ritrovare la strada aperta. Continuare a inventare stratagemmi, trucchi, illusioni,
per cercare di uscire dallo stallo in cui ci troviamo, è pura follia.”Altre voci, in passato ed anche in tempi recenti, si sono levate per lanciare un richiamo, forte e ripetuto, al rifiuto del consumismo, ma sono rimaste “voci che gridano nel deserto”.Gioverà ricordarne alcune: Giovanni Paolo II, ad esempio, già nella enciclica Sollicitudo Rei Socialis e qualche giorno prima dello scorso Natale, aveva affermato che “l’accumulo di beni e servizi, anche a favore della maggioranza, non basta a realizzare la felicità umana… Una sorta di supersviluppo… consistente nella eccessiva disponibilità di ogni tipo di beni materiali, rende facilmente gli uomini schiavi del possesso…”Il filosofo francese Roger Garaudy, aveva scritto nel suo “Appel aux vivants” (1979) che “se vivremo i prossimi venti anni come abbiamo vissuto gli ultimi trenta, prepareremo una bara per i nostri figli…”Il Presidente americano Carter, nel suo discorso di investitura, faceva osservare alla nazione l’insostenibilità della realtà del mondo: “Noi americani che rappresentiamo il 6% della popolazione mondiale, possediamo e consumiamo il 30% delle risorse e ricchezze disponibili sulla terra…. quale legge matematica può rendere possibile al restante 94% della popolazione la disponibilità della stessa quantità di beni, di ricchezze, di energie?….” (Sono passati molti anni, Carter è tornato alle sue noccioline… ha ricevuto pure il Nobel della Pace, ma se cambiamenti ci sono stati in quelle percentuali, sono peggiorativi, per l’America come per l’Europa…)In Italia abbiamo avuto un politico intelligente e lungimirante come Enrico Berlinguer che in due famosi e provocatori discorsi (purtroppo immediatamente dimenticati ed archiviati anche dal PCI e successive modifiche o rifondazioni) del gennaio 1977 all’Eliseo di Roma e del marzo 1979 al Lirico di Milano, prospettava con forza e convinzione, la sobrietà e l’austerità come leva di giustizia… ” L’austerità per definizione comporta restrizioni di certe disponibilità a cui si è abituati, rinunce a certi vantaggi acquisiti: ma noi siamo convinti che non è detto affatto che la sostituzione di certe abitudini attuali con altre, più rigorose e non sperperatrici, conduca ad un peggioramento della qualità e della umanità della vita. Una società più austera può essere una società più giusta, meno diseguale, realmente più libera, più democratica, più umana….”
(Documenti de L’Unità – n.136, 11.6.1989).
Di fronte alla saggezza di questi ripetuti richiami alla giustizia ed al rispetto dell’ambiente sia per noi che per i nostri figli e nipoti, dobbiamo constatare la folle miopia, volutamente portata avanti dalla classe dominante che non curante dell’evidenza dei danni provocati dal consumismo sfrenato, non perde occasione per incitare a “consumare, consumare, consumare”, dando così prova di una irresponsabilità globale davvero diabolica. E, terribile cassa di risonanza, purtroppo efficace, a questa follia dominante, è la pubblicità, ormai divenuta l’aria che respiriamo, per effetto della quale il superfluo diventa conveniente, il conveniente diventa necessario, il necessario si trasforma in indispensabile.Ma, sarebbe molto comodo e tranquillizzante attribuire la responsabilità di questa ingiustizia strutturale ed istituzionalizzata, qual è il consumismo, ai magici poteri di anonimi persuasori occulti, oppure ad anonime e funeste società sovranazionali, o ad uno o due colossi industriali o potenze politiche imperialiste oppure ai “governi di destra” che oggi reggono, ahimè ciecamente!, le sorti del mondo… il fatto più assurdo è che tutti ammettiamo la necessità di fare qualcosa di
efficace per cambiare il mondo, ma nessuno, o almeno molto pochi sono coloro che fanno qualcosa. Lo strapotere di questi “gestori” senz’anima del futuro del mondo, è dovuto fondamentalmente alla nostra debolezza, alla nostra incoerenza, alla nostra scarsa convinzione che, ancora una volta, il piccolo David può vincere il gigante Golia.Per creare questa società “consumista”, i cui drammi ci fanno soffrire, si è cominciato “condizionando” ed “educando” l’Uomo “consumista” che ne è il suo elemento base.Allo stesso modo, e con la stessa capillarità e convinzione, volendo dare vita ad una società giusta ed equilibrata con possibilità di sopravvivenza umana per tutti, dovremo cominciare con il costruire l’Uomo “libero e giusto”. All’Uomo dei consumi, egocentrico, egoista, più ossessionato dal possedere che dal condividere,
schiavo dei bisogni che egli stesso si crea, insoddisfatto ed invidioso, e per il quale l’unico
principio morale è quello di accumulare sempre di più, noi dobbiamo proporre l’Uomo “libero e giusto”, l’Uomo che non aspira ad avere di più, ma ad essere migliore, a sviluppare la sua capacità di servizio verso gli altri nella solidarietà, capace di vivere felice nel “sufficiente” misurato con il metro sociale dei bisogni e dei diritti altrui, secondo quando sta scritto nell’Esodo: “Chi molto ne raccolse, non ne ebbe di più; e chi poco, non ne ebbe di meno”.Bisogna che ci convinciamo tutti che la sobrietà è la sola scelta di vita, politica, sociale ed economica, che possa garantirci un futuro umano. Non più, o non solo, una virtù, ma un doveroso atto politico di giustizia.
BIOGRAFIA dell’Abbè Pierre
Henri Antoine Groués, detto Abbé Pierre, nasce il 5 agosto 1912 a Lione, quinto di otto figli, da una famiglia benestante. Compie gli studi presso il Collegio dei Gesuiti di Lione. A 13 anni, partecipa attivamente al Movimento Scout di Francia. A 16 anni, durante una gita in Italia, sosta ad Assisi. L’incontro con S. Francesco, specie al Convento Le Carceri, gli fa prendere la decisione di farsi Cappuccino. A 19 anni entra nel Convento di clausura dei Cappuccini di Lione, dopo aver distribuito ai poveri la sua parte di eredità. Vi rimane 7 anni, per gli studi di filosofia e teologia.Nel 1938 viene ordinato sacerdote, assistito dal padre De Lubac. L’anno successivo, per motivi di salute, lascia la vita monastica e viene incardinato nella Diocesi di Grenoble. In seguito viene nominato Vicario della cattedrale.Nel 1942 comincia, per caso, un’intensa azione di salvataggio delle vittime della tirannia nazista. E’ in questa occasione che l’Abbé Groués, diventa l’Abbé Pierre. L’Abbé Pierre salva diverse persone (ebrei, polacchi) ricercate dalla Gestapo. Falsifica passaporti, diventa guida alpina e trasporta attraverso le Alpi ed i Pirenei le persone in pericolo. Nel 1943, diventa “partigiano” ed organizza l’Armata di Vercors che tanta parte ha avuto per la liberazione della Francia dal nazismo. Ricercato lui stesso dalla Gestapo, come Abbé Houdin, rientra a Parigi ed organizza un nuovo laboratorio di documenti falsi. Verso la metà del 1944, di ritorno da una viaggio alla ricerca di nuovi “passaggi” in Spagna di persone in pericolo che la Svizzera non accettava più, viene arrestato dalla Gestapo. Riesce a scappare e viene spedito ad Algeri in aereo nascosto in un sacco postale.
Dopo la guerra, rientra a Parigi e viene eletto Deputato alla Assemblea Nazionale. Nel 1947 fonda con Lord Boyd Orr, il Movimento Universale per una Confederazione Mondiale. Nel 1949, con André Philip presenta un disegno di legge per il riconoscimento dell’Obiezione di coscienza.
Verso la fine del 1949 accoglie a casa sua George, assassino, ergastolano, mancato suicida. Inizia il Movimento Emmaüs, il movimento degli Stracciaioli-Costruttori di Emmaus.Nel 1951 lascia il Parlamento, rifiutando una legge elettorale “truffa” e si dedica interamente al Movimento Emmaus.
Dal 1952 al 1954 gira la Francia e l’Europa per conferenze che presentano all’opinione pubblica i problemi più urgenti per l’umanità. I senzatetto in Europa, la fame nel mondo, etc.Il 1^ febbraio 1954, il grande appello a Radio Lussemburgo che scuote la Francia. “L’insurrezione della bontà” porta alle Comunità Emmaüs una quantità impensabile di denaro e di doni in natura. Nonostante l’afflusso di tanto denaro, non viene smesso il lavoro di stracciaioli. Un mese dopo, viene aperto il primo cantiere per 82 case per senzatetto. Nei mesi successivi l’Abbé Pierre gira tutte le città della Francia. Anche da diversi paesi di Europa viene chiamato per incontri e conferenze. Capi di stato e di governo, esponenti delle diverse Chiese e religioni. Tutti si rivolgono a Lui per un aiuto, un consiglio. Dopo una lunga malattia, ricomincia a girare il mondo. Stati Uniti e Canada. Poi, Olanda, Spagna, Portogallo, Svizzera, Italia, Austria, India, Scandinavia, Brasile, Perù, Argentina, Bolivia, Colombia, Cile e Venezuela, ed infine il Libano. Ovunque cominciano a sorgere le Comunità Emmaüs, comunità di poveri che mediante il lavoro di recupero e riutilizzo di quanto viene buttato via, si guadagnano da vivere onestamente e si permettono il “lusso” di aiutare chi sta ancora peggio. “Poveri che diventano donatori, e provocatori di chi ha e non fa nulla”. “Servire e far servire per primi i più sofferenti, è la sorgente della vera Pace”. “La miseria giudica il mondo e rovina ogni possibilità di pace”. “Vivere, è rendere credibile l’Amore; è vendicare l’Uomo, amando”. “Siamo condannati a sapere tutto. L’urgenza è la condivisione, condivisione anche del bene lavoro, del tempo libero…”. E’ il messaggio che l’Abbé Pierre porta ovunque. Riceve diverse onorificenze che accetta come occasioni preziose per diffondere a tutti i livelli ed in tutte le circostanze, la sua provocazione e la sua “guerra alla miseria ed alle sue cause sempre e dovunque ricorrenti”. Tra le altre: 1981: Legion d’onore, 1991: Premio Balzan per la Pace. Numerosi i libri, in tutte le lingue, che vengono pubblicati sulle “azioni che non si possono fare” e che lui fa, sulle “cose che non si possono dire” e che lui grida a tutti, grandi e piccoli della terra. Escono anche due film. “Uomini senza casa, nel 1957, e “Inverno ’54” nel 1990. Fino all’ultimo giorno, a 94 anni, stanco ed ammalato, l’Abbé Pierre viveva nella Comunità La Halte d’Emmaus, a Esteville, in Normandia, con i comunitari più anziani e più malati, in attesa delle “grandi vacanze”. Ma non esitava ad “uscire”, a scendere in piazza a difendere i diritti degli Immigrati, degli sfrattati, dei senzatetto, ad occupare piazze e case sfitte, perché chi non ha casa trovi un tetto ove riposare, obbligando le autorità a trovare una soluzione definitiva. Recentemente, l’Abbé Pierre era stato in Benin, Burkina Faso, Giappone, Uruguay, Bosnia, Brasile e Mali, per sostenere con la sua forza la causa delle comunità di Emmaus.