XX Congresso del Movimento Nonviolento
Ferrara, 12 Aprile – 14 Aprile 2002
La nonviolenza è il varco attuale della storia
“La nonviolenza è il varco attuale della storia” è il titolo, tratto da Elementi di un’esperienza religiosa di Aldo Capitini, scelto per il nostro XX Congresso.
Nell’invito abbiamo ricordato che quello scritto si apre con un capitoletto intitolato Al centro dell’umanità. E’ un appello ad essere consapevoli del proprio tempo, a sentire e soffrire i bisogni dell’umanità, ad assumere il proprio impegno, con una serissima ricerca. E’ compito che riguarda tutti: “Non è privilegio né speciale condanna di nessuno”. Come prosecutori del Movimento da Capitini promosso, certamente riguarda noi.
Dall’ultimo Congresso sono passati due anni e un millennio e molte cose si sono succedute, che meriterebbero analisi non frettolose. Il Congresso vuole esserne un piccolo momento e questa ne è una modesta introduzione. Credo si possa dire che la sommaria analisi compiuta nel passato Congresso resti confermata e si siano accentuate tendenze che avevamo individuato.
Il processo di globalizzazione nella produzione e circolazione di merci, nella riduzione a merce di ogni bene già comune, immateriale, vivente si è esteso ed approfondito. Si continua a proporre un modello di sviluppo che rende sempre più ricca di beni e consumi una parte dell’umanità e povera, sfruttata, emarginata, la restante maggior parte. Sviluppo della tecnica e competizione sui mercati, senza alcun limite che non sia quello dell’interesse delle classi privilegiate e dominanti, sono la risposta ad ogni problema.
Trascurabili effetti collaterali, che l’applicazione della ricetta permetterà di superare, sono i disastri umani, sociali, ambientali, nel frattempo prodotti in giro per il mondo. La politica, anche nelle democrazie occidentali (ed esempi migliori non se ne vedono), sia a scala mondiale che locale, è ridotta al più ad amministrazione e garanzia, se necessario con l’impiego della massima violenza, del progresso tecnico-economico a vantaggio dei più forti.
La violenza crescente del modello unico
Nell’ultimo congresso abbiamo evocato il movimento del mondo evidenziandone la violenza strutturale. Già Horkheimer l’aveva descritta come un iniquo grattacielo settanta anni fa. Si continuano a sopraelevare i piani alti ed a scavare le cantine. Abbiamo richiamato le guerre multiformi, che i poveri inesorabilmente conducono tra di loro; il posto dominante degli U.S.A., come paese guida e modello, in pace ed in guerra; la guerra dagli Stati Uniti condotta: giusta, umanitaria ed ora duratura e globale; il ruolo subalterno della Nato; l’accettazione e la pratica da parte del nostro Paese di un nuovo modello di “difesa” aggressiva, in spregio e violazione della nostra Costituzione; la riduzione dell’Europa ad Euro; lo stravolgimento del patto costitutivo della nostra Repubblica; la miseria della politica e della vita pubblica nel nostro Paese.
Ci pare che le tendenze individuate siano confermate ed abbiano segnato anzi un’accelerazione. L’inarrestabile marcia del “turbocapitalismo” e del neo-liberismo, che ha il suo motore negli USA, ha segnato una tappa importante con l’ingresso della Cina nel WTO.
L’attacco terroristico al World Trade Center ed al Pentagono ha agevolato la propensione del governo americano, forte del consenso popolare, del sostegno delle multinazionali, di straordinari armamenti, ad adottare decisioni unilaterali di guerra. Ciò si vuole proseguire con ogni mezzo, non escluso il ricorso al nucleare, contro chiunque sia ritenuto attentare alla sicurezza ed agli interessi degli Stati Uniti, solo, sicuro, baluardo della democrazia e della civiltà contro dittatura e barbarie.
L’esercizio in prima persona, da parte della super potenza, del dominio oscura ogni sede condivisa. Il premio Nobel per la pace all’Onu rischia di essere alla memoria. Ben poco appaiono contare i vari G 7 o 8 e la stessa Nato: la parola decisiva spetta agli USA, quale che sia il tema in discussione. Anche l’Europa, pur formalmente impegnata in un approfondimento della sua costruzione unitaria (la Convenzione) ed in un allargamento a nuovi paesi, non riesce ad esprimere una propria posizione sui grandi temi. Si manifestano tendenze centrifughe e gare a chi è più fedele servitore dell’America. In questa competizione il nostro governo appare particolarmente impegnato. Il riemergere del terrorismo internazionale ed interno, il conflitto israelo-palestinese, migrazioni massicce e disperate, la demolizione delle protezioni sociali producono una diffusa insicurezza che, anche nelle nostre società privilegiate, può portare ad accettare, se non a richiedere, limitazioni delle libertà politiche, dei diritti di cittadinanza e soluzioni autoritarie.
Le sorti magnifiche e progressive del capitalismo ci sono quotidianamente decantate: generatore di una straordinaria forza produttiva, con il miglior impiego della tecnologia ed assicurazione di alti standard di vita materiale per gran parte della popolazione, stimolatore di mobilità ascendente in una società stratificata in classi, condizione per la democrazia, promotore di una cultura dell’autonomia e della responsabilità individuale, unica possibilità di sviluppo dei paesi del Terzo Mondo, attraverso la loro inclusione nel sistema capitalistico internazionale.
La carenza di alternative credibili
Anche a dubitarne per le sempre più evidenti iniquità, contraddizioni, insostenibilità del modello economico, sociale e politico proposto, bisogna riconoscere che l’assenza di credibili alternative gli ha conferito fin qui una grande forza anche sul piano culturale (una cultura anch’essa sempre più merce tra le merci, prodotta e distribuita da potenti multinazionali). E’ un pensiero semplice, se pensiero si può chiamare: non ci sono alternative e dunque l’unica possibilità è percorrere disciplinatamente la strada che i padroni del mondo indicano. Dopo tutto in questo mondo ci stanno anche loro e non vorranno certo la loro rovina, visto che dispongono del massimo delle informazioni e della tecnologia, visto che sono quelli che ci stanno meglio. Che il mondo sia sostenibile ecologicamente, economicamente, socialmente è loro precipuo interesse: salvando sé stessi salveranno anche il resto dell’umanità.
Ad opporsi sembravano restare solo relitti, statuali o politici, del socialismo reale (che non possiamo rimpiangere per la burocrazia opprimente e privilegiata, l’inefficienza economica, l’autoritarismo, il totalitarismo) ovvero stati dittatoriali, movimenti fondamentalisti o peggio (che propongono alternative che ignorano i più fondamentali diritti dell’uomo, e soprattutto della donna).
Un movimento ampio, da Seattle in poi, e il varco necessario della nonviolenza
Ma da Seattle in poi, per indicare un luogo ed un tempo, le cose sono cambiate. Un complesso movimento è venuto affermando che un altro mondo è possibile. Svolge in forme inedite la sua opposizione e la sua ricerca. Collega gruppi sociali, culture, generazioni, esperienze, sensibilità diverse, in differenti luoghi del mondo. Sembra rappresentare, seppure embrionalmente, quella risposta che Capitini indicava con chiarezza concludendo il suo scritto testamentario, “Attraverso due terzi di secolo”, alla vigilia dell’operazione alla quale non è sopravvissuto:
L’Europa, unita al Terzo Mondo e al meglio dell’America, elaborerà la più grande riforma che mai sia stata comune all’umanità, quella riforma che renderà possibile abolire interamente le diseguaglianze attuali di classi e di popoli, e abolire le differenze tra i “fortunati” e gli “sfortunati”.
Non è il primo, grande movimento internazionale che si pone questo ambizioso obiettivo. Importante sarebbe evitare errori che in passato hanno decretato il fallimento.
Un punto cruciale è La scelta dei mezzi. E’ il titolo anche del capitoletto che segue il già citato Al centro dell’umanità nel libro di Capitini. L’autore osservava, si era negli anni ’30, il diffondersi della violenza in cui confluivano l’impazienza di ottenere e la non considerazione degli altri che sembrano del tutto estranei a noi, per il successo che essa procura a più breve scadenza. Ed aggiungeva: resta da vedere a che cosa si riduce la mia vita dopo, e se non sorgeranno prima o poi cinquanta al posto di quello che ho ucciso.
Analisi ed interrogativi sembrano attuali. Resta da vedere se sapremo dare la risposta che così Capitini indicava: salirà l’ansia appassionata di sottrarre l’anima ad ogni collaborazione con quell’errore, e di instaurare subito, a cominciare dal proprio animo (che è il primo progresso), un nuovo modo di sentire la vita: il sentimento che il mondo ci è estraneo se ci si deve stare senza amore, senza un’apertura infinita dell’uno verso l’altro, senza un’unione di sopra a tante differenze e tanto soffrire. Questo è il varco attuale della storia.
E’ il varco della nonviolenza, che è sotto i nostri occhi oggi, come lo era settanta anni fa per il giovane Capitini (che dietro spessi occhiali vedeva con straordinaria precisione). Il passaggio è faticoso e richiede rinunce, messe in discussione di privilegi, sicurezze materiali e culturali. E’ davvero lo scoglio sconcio ed erto che sarebbe alle capre duro varco (Dante).
Si comprende così che, nonostante la sua accresciuta visibilità e, diremmo, evidenza, si tenda ad evitarlo. Si ritiene, anche in buona fede, di averlo già varcato, come se bastasse proclamarsi nonviolenti, adottare una o più delle numerose tecniche che alla nonviolenza si richiamano, senza mettere in discussione l’atteggiamento profondo nei confronti del “nemico”, senza tenere sempre al centro l’obiettivo dell’iniziativa di liberazione, per tutti, che si è intrapresa. L’esperienza ci mostra che pratiche violente, inizialmente limitate e quasi simboliche, hanno inquinato e distrutto movimenti importanti, dei quali si era sopravvalutata la capacità di autodepurazione. Di fronte alla repressione, che c’è e ci sarà, da parte di chi vede minacciati i propri privilegi è importante che sia mantenuto il massimo di coerenza tra fini perseguiti e mezzi praticati. La violenza culturale, strutturale e diretta, che caratterizza il nostro mondo e che si pretende la difesa delle conquiste della civiltà umana, è solo alimentata, per nulla scalfita, da dirottatori che abbattono torri, da ragazze e ragazzi che si fanno esplodere cercando di uccidere quanta più gente possibile, da assassini che sparano in nome delle B.R.. Chi pensa diversamente più che essere andato alla scuola di qualche cattivo maestro, sembra aver fatto i compiti con il bidello di Nanterre.
E’ un varco che non si vuole passare. Lo abbiamo detto nell’invito. Neppure alla fine guerra fredda, ed alle guerre per procura di quel periodo, è seguito un serio impegno di pace. In modi nuovi, ma non meno preoccupanti ed inquietanti che nel passato, si riafferma, il diritto del più forte: might is right, per dirlo nella lingua dell’impero. E’ l’imperativo categorico, veramente globale, che trova applicazione all’interno dei paesi ricchi e dei paesi poveri, nei rapporti tra i paesi, le classi, le persone. Si ribadiscono diritti umani universali, a quelli di prima generazione se ne aggiungono altri, si disegna faticosamente una giurisdizione planetaria di tutela, ma questa difficile costruzione appare fragile quando i potenti sanciscono impunità ed improcessabilità proprie e dei loro servi, inventano, fuori di ogni garanzia, procedure e pene per colpire il terrorismo o ogni comportamento che al terrorismo si ritenga di poter collegare. Conquiste del diritto internazionale sono spazzate via e liberticide legislazioni di emergenza si fanno strada un po’ in tutti i paesi.
Tanto più importante è dunque il sorgere di un movimento, caratterizzato dall’impegno personale e diretto, dal sentirsi interpellato da ogni momento internazionale in cui si discutono i temi della fame, della povertà, dei commerci, dell’ambiente, della pace e della guerra, per far sentire una voce diversa, spesso critica ed alternativa, rispetto a quelle dei governi e delle istituzioni sovranazionali.
Le diversità di formazione, di analisi, di proposta all’interno di questo movimento sono grandi. La sua larga diffusione ed il suo progressivo radicamento in vari paesi evidenziano anche più le assenze importanti. I contatti progressivi, la costruzione di momenti di confronto globali e locali, l’esperienza di iniziative e manifestazioni condotte in diversi contesti sono tuttavia incoraggianti elementi di una formazione comune, di una analisi che si va precisando, di una strategia non contradditoria. La consapevole opposizione a questo “liberismo” ed all’uso della guerra come solutrice dei conflitti è già una acquisizione ed una realtà operante, della quale governi e multinazionali debbono sempre più tener conto.
Il contributo, che come amici della nonviolenza siamo chiamati a dare, è quello di valorizzare il patrimonio di lotte, esperienze e tecniche alla nonviolenza ispirate, e collaborare a che mai si smarrisca lo stretto legame tra fini da raggiungere e mezzi impiegati.
E’ perciò di somma importanza l’ulteriore estensione e radicamento del movimento. Porto Alegre ne è stato un momento importante. Altri ne seguiranno. E’ necessario che a questi appuntamenti e nell’azione e riflessione del movimento le organizzazioni, che si richiamano al pensiero ed alla pratica della nonviolenza, avanzino la loro proposta. Sappiano portare un’aggiunta importante e forse decisiva allo sviluppo, quantitativo e qualitativo, del “movimento dei movimenti”.
Per una internazionale violenta
Le notizie che abbiamo delle riflessioni ed attività che War Resisters’ International e Ifor (come MN e MIR ne siamo le espressioni in Italia) svolgono a partire dagli USA, contrastandone la deriva bellicista, sono incoraggianti. E’ un invito per il nostro piccolo Movimento ad assumere con più decisione il compito di un più stretto legame internazionale, con una maggiore presenza, intanto, alle iniziative di War Resisters’. Da non perdere la conferenza che l’organizzazione terrà in agosto a Dublino: Storie e strategie – Resistenza nonviolenta e cambiamento sociale.
Utilissimo per il nostro lavoro sarà il confronto e le relazioni con attivisti nella promozione della giustizia sociale, provenienti da tutto il mondo, per discutere insieme su come rendere il mondo meno violento e militarizzato. Soprattutto dopo l’11 settembre, il livello di violenza tra le nazioni, ma anche all’interno delle società, è cresciuto enormemente, come dimostrato dal ricorso sempre più frequente e massiccio all’impiego della forza militare. Paura ed incertezza sono all’ordine del giorno. La costruzione di una società pacifica e giusta è estremamente difficile. L’approccio nonviolento ai problemi sociali è compito straordinario che implica seri rischi personali. Impegno della Conferenza è lo sviluppo di nuove strategie nonviolente per porre fine alla minaccia del terrore, ma anche per svelare e scardinare la violenza istituzionale.
Occorre trovare nuovi modi per ascoltare ed entrare in dialogo con tutte quelle persone che, nelle nostre società, trovano l’approccio pacifista e nonviolento troppo difficoltoso. Dobbiamo realizzare l’internazionale della nonviolenza e renderla un modello di globalizzazione dal basso. Diversi gruppi tematici sono stati programmati: – Economia, militarizzazione e globalizzazione – Violenza nella società e potere della nonviolenza – Violenza interetnica e violenza all’interno degli stati – Sessismo e razzismo in relazione al militarismo e alla guerra – Obiettori di coscienza, veterani e antimilitarismo – Strategie per l’apertura dei confini: asilo ed emigrazione – Introduzione alla nonviolenza – A colloquio col passato.
Saranno inoltre tenute ASSEMBLEE PLENARIE, con alcuni casi di studio per stimolare il dibattito tra i partecipanti. Scopo delle assemblee è far luce su rilevanti questioni politiche e strategiche. Argomenti previsti sono: – Che ruolo giocano le storie nelle nostre strategie? – Il processo di pace in Irlanda – Il collegamento tra la violenza nella vita quotidiana e la violenza a livello globale – Militarismo, antimilitarismo e società civile – Impegno popolare e strategie nonviolente.
Si è insistito su questo aspetto internazionale giacché le speranze di costruttivo contributo alla soluzione dei sanguinosi e complessi conflitti in atto, a partire da quello forse più inestricabile e, per molti motivi, sommamente doloroso tra israeliani e palestinesi, sono in gran parte affidati alla capacità di mettere in campo iniziative ispirate al pensiero ed all’esperienza nonviolenta.
Ciò è vero a partire dall’obiezione di coscienza, dal rifiuto della demonizzazione del nemico e della santificazione delle stragi, magari accompagnate dal martirio, dalla costruzione e mantenimento di relazioni tra le parti su temi e valori comuni. E’ importante che questa consapevolezza cresca anche nelle parti non direttamente impegnate nel conflitto. In tal modo possono farsi strada alternative alla violenza estrema tra i confliggenti o ad un, sia pur preferibile, compromesso imposto. Sono soluzioni che non affrontano e non avviano a composizione, ma esasperano ed approfondiscono le ragioni del conflitto e ne preparano ulteriori e più distruttivi.
I corpi civili di pace, una aggiunta per l’Europa
Anche in ambito europeo è necessario che la “nonviolenza europea” trovi un punto di incontro, non casuale e sporadico, a partire dal rilancio dell’idea dei corpi di pace. C’è un grande lavoro da compiere: di conoscenza, di contatti, di momenti di riflessione e di azione comuni. La costruzione dell’Europa non può che migliorare con l’aggiunta della nonviolenza. E’ un ambito nel quale molto è da fare e sperimentare.
Anche per questo aspetto è importante che il Movimento si faccia promotore di iniziative condivise tra tutte le forze che, sul piano nazionale e locale, si richiamano alla nonviolenza. In questa direzione avevamo ritenuto già nel passato Congresso di offrire un esempio significativo con un rapporto, che avevamo indicato come federativo, tra noi ed il MIR. Qualche passo è stato fatto, ma è ancora molto limitato. Ci auguriamo che un contributo venga anche da questo Congresso.
Dalla Marcia per la Nonviolenza, lo stimolo per una iniziativa specifica
Nella stessa direzione si collocava anche la Marcia per la nonviolenza, che abbiamo realizzato con un buon successo, nonostante incomprensioni e difficoltà sulle quali non è il caso qui di tornare. Si pone anche a questo Congresso l’interrogativo aperto se e quale iniziativa possa costituire un momento di unità e visibilità della costruzione di un progetto degli amici della nonviolenza, che si ritrovano sotto sigle differenti, in gruppi locali, operanti in diverse realtà. E’ nostra convinzione che un lavoro comune, con obiettivi chiari e condivisi di quanti si richiamano al messaggio della nonviolenza non sia orgogliosa separazione dal generico pacifismo, né rottura di più ampie unità, ma necessaria aggiunta e proposta costruttiva al rifiuto, nel nostro paese ancora largo e diffuso, della guerra come strumento di soluzione dei problemi.
Il contributo nella Rete di Lilliput
In questo ambito un rilievo tutto particolare assume l’impegno che i componenti del Movimento danno nella Rete Lilliput. Si tratta di un progetto del quale siamo stati tra i primi e convinti promotori, anche se non risultiamo nelle “tavole di fondazione”.
L’opzione nonviolenta ha mostrato di essere una scelta comune e da approfondire nelle sue implicazioni e traduzioni. Il rafforzamento della rete, la valorizzazione delle diversità delle sue componenti, il dialogo che nei gruppi di lavoro tematico intreccia diverse esperienze, conoscenze, sensibilità, l’attenzione nella costruzione dei nodi locali sono essenziali perché il progetto della rete si sviluppi con quella serietà, autorevolezza e capacità di coinvolgimento che ne hanno caratterizzato l’avvio. Altre, diverse, rispettabili aggregazioni, come quelle che più o meno si riconoscono in social forum, possono dare e ricevere utili contributi nella costruzione di comuni strategie proprio in ragione della capacità delle Rete Lilliput di essere sé stessa. Cioè una rete capace di mettere a frutto la complessità degli interessi dei suoi componenti, la continuità di azione, la forza di attrazione nei confronti di realtà organizzate, e anche di singoli interessati, in un percorso caratterizzato da uno stretto e sempre verificato rapporto di coerenza tra fini e mezzi e cioè in un percorso di nonviolenza. Perchè l’altro mondo possibile possa cominciare a concretarsi occorre un profondo mutamento sociale, e noi siamo convinti, con Capitini, che La nonviolenza è il punto della tensione più profonda del sovvertimento di una società inadeguata. Non occorre di meno. Anche per questo la nonviolenza si presenta come varco.
Un movimento dal basso, per la difesa e l’allargamento della democrazia
Anche nel quadro politico italiano, la cui mediocrità ci pare di confermare, emergono elementi di novità. Questo è vero non solo nella resistenza tenace che donne ed uomini della politica hanno pure manifestato, in parlamento e fuori, nei confronti di scelte di guerra, spese militari, repressione, limitazione di diritti, nuovi privilegi concessi ai già privilegiati, peggioramento delle norme e dei comportamenti nei confronti degli immigrati… Si è manifestata anche una volontà di protagonismo di altri soggetti, spesso dal basso, un’uscita dalla delega rassegnata, in manifestazioni di massa che i disumani comportamenti di Genova non hanno scoraggiato, in grandi assemblee, inedite marce aperte da professori universitari, inviti a resistere di magistrati, girotondi in vari luoghi ed una straordinaria e partecipatissima manifestazione promossa dal maggior sindacato italiano.
Si tratta di cose molto differenti tra loro e che richiedono analisi. Qui solo si sono richiamate per confermare ancora una volta che si avverte l’esigenza di strumenti di integrazione della democrazia rappresentativa e della sua rappresentazione/sostituzione mediatica. Questi strumenti si intravvedono nella partecipazione diretta, nei forum, nelle assemblee. Si avverte il vuoto lasciato da una pur deficitaria democrazia fondata sui partiti, che, da strumento di partecipazione ed espressione, si erano fatti sequestratori del potere del cittadino “sovrano”.
Già all’indomani della liberazione Capitini aveva indicato quel rischio ed avviato l’importante esperienza dei COS, scuola di capacità critica e di autogoverno. E’ un terreno di ricerca da esplorare con attenzione ed apertura. Abbiamo conosciuto stagioni di assemblearismo, promosso dal basso e dall’alto, da destra a sinistra che non hanno lasciato eredità sempre convincenti. Vediamo ora proposte più strutturate di “agende” e bilanci partecipati. Questo ci spinge a cercare ancora, con intelligenza e passione.
Augurale per il Congresso potrebbe essere il tenersi a Ferrara dove, in un convegno del maggio del ’48, Capitini formulò la proposta di una comunità aperta, internazionalmente federata, e nelle singole sue parti decentrata, articolata e atta a dissolvere ogni forma di privilegio e di oppressione.
La trasformazione dell’economia
Anche sul terreno dell’alternativa economica, del modo di produrre e di consumare, dove il neoliberismo celebra i suoi fasti in assenza di credibili concorrenti, siamo chiamati a dare un contributo. Anche qui sembra di poter cogliere l’esigenza di un cambiamento profondo del modello dominante.
Il breve ma denso saggio di Nanni Salio Elementi di un’economia nonviolenta costituisce un utile punto di riferimento. Dobbiamo promuovere approfondimenti e confronti, sia sulle diagnosi di fondo che sulle proposte di resistenza e transizione ad un nuovo modello. Sbaglieremmo a crederlo, come in passato è avvenuto, già dato nelle sue linee essenziali. Esperienze microeconomiche, riflessioni su quanto avviene a livello macro resteranno al centro della nostra attenzione e ci attendiamo un contributo di proposta dalla commissione. Uno stimolo per tutti sarà certo il saluto che Yunus porterà alla nostra seduta domenicale.
Un cambiamento negli stili di vita è certo possibile a partire da noi. Al centro dell’agire sono persone, ci ricordava sempre Capitini. Ma sono necessarie sponde istituzionali e l’avvio di processi di grande mutamento economico. Pensiamo “solo” all’uso dell’automobile, alla violenza che vi è connessa: culturale (l’automobile rende stupidi e aggressivi), strutturale (consumi energetici, stravolgimento delle città e degli spazi urbani, incubatori di violenza), diretta (le migliaia e migliaia di morti amazzati sulle strade, di invalidati e di asfissiati nelle città. Ferrara, città delle biciclette, vanta un triste primato).
Il decennio per l’educazione alla pace e alla nonviolenza
Violenza crescente avvertiamo anche nelle nostre realtà privilegiate. Il disagio di gruppi emarginati e delle giovani generazioni si esprime troppo spesso in forme violente, che trovano quale risposta accentuazione della repressione e inasprimento di pene. La ricomparsa del terrorismo spinge ancor più in questa direzione. Anche importanti conquiste, come l’abolizione dei manicomi, tendono ad essere rimesse in discussione, come non ricordassimo i guasti e gli orrori della segregazione. C’è una violenza diffusa e crescente nella nostra società dai banchi di scuola, ai luoghi di lavoro, di svago, familiari: violenze grandi e piccole (ma ogni dose può essere una overdose) nei confronti dei soggetti deboli , violenza degli emarginati, violenza degli uomini nei confronti delle donne e l’elenco potrebbe continuare. Sono ambiti nei quali molto c’è da lavorare per riconoscere, prevenire, trasformare i conflitti, affrontare disagi e sofferenze. Molti tra noi sono già impegnati in questa azione, che è collegata ad un quadro più generale. Il decennio per l’educazione alla pace e alla noviolenza per le giovani generazioni non si è aperto certo sotto buoni auspici. E’ cessata persino la pubblicazione del Corriere internazionale dell’Unesco, promotore dell’iniziativa. E’ una ragione di più per accrescere il nostro impegno, sicuri di trovare volonterosi e capaci operatori che lavorano con i medesimi obiettivi.
Mi preme ringraziare, concludendo, quanti hanno collaborato più intensamente a mantenere presente ed operante il nostro Movimento tra molte difficoltà. Un ringraziamento particolare, che è un abbraccio, va al nostro Presidente, che da tempo ci chiede di sollevarlo da questo impegno.
Il coordinamento credo abbia assolto con responsabilità il mandato congressuale ed affrontato i temi nuovi che gli avvenimenti hanno proposto. Non sempre siamo riusciti a trovare la soluzione più convincente. Penso in particolare ad un importante confronto, tra noi avviato, sul valore della laicità ed il senso dell’aggiunta religiosa, nel pensiero e nella pratica nonviolenta, al quale non abbiamo saputo dare sede e modalità adeguate di svolgimento. E’ un impegno, non il solo, consegnato al prossimo coordinamento. Buon congresso!
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MOZIONI.
Le commissioni di lavoro del sabato mattina e pomeriggio, si sono concluse con un testo di sintesi, che è stato sottoposto all’attenzione e al dibattito del Congresso.
La formazione alla nonviolenza
(Luciano Capitini)
La Commissione “Formazione alla Nonviolenza” ha espresso, indirizzandole al Comitato del Movimento Nonviolento perché curi la diffusione e l’applicazione ma anche ai gruppi che intendono iniziare il percorso di formazione, la seguente riflessione e alcune raccomandazioni.
L’attuale situazione di violenza in cui viviamo,il dialogo personale in cui molti si trovano a dibattersi, col rischio di implosione, rendono necessari l’avvicinamento alla nonviolenza (e pertanto una formazione adeguata) che infatti viene richiesta da molti.
Preliminarmente dovrà essere data adeguata informazione, sulla strutturazione dei percorsi formativi (pensiamo che sia da costruire una alternativa nonviolenta capace di raggiungere chiunque).
L’azione della formazione è un processo unico, ma ha due facce: una fase riguarda la costituzione del gruppo, la comunicazione all’interno dello stesso, il supermanto delle negatività (con particolare attenzione ai linguaggi e al metodo maieutico).
La base, a livello individuale, di questo lavoro collettivo, è il senso di responsabilità che ognuno trovi nel proprio profondo.
In un certo senso questo progetto vuole essere una ideale continuazione dell’esperienza capitiniana dei COS.
Si tratta di confrontare se stessi con la nonviolenza.
Tutto ciò porta ad una formazione autodiretta (senza escludere apporti esterni) che indicherà anche gli obiettivi della formazione stessa.
Deve essere chiaro a tutti che si tratta qui di acquisire gli elementi della cultura nonviolenta, sia come “summa! Di un pensiero già acquisito, sia come un processo in divenire.
Una seconda fase, consiste nella preparazione alle azioni nonviolente.
Anche in tale fase il confronto con la cultura nonviolenta deve essere continuo. Una particolare importanza sarà data ai training, alle simulazioni, ecc…
In tutto il processo potrà essere particolarmente utile il testo di Aldo Capitini “Le tecniche della nonviolenza”.
Approvata all’unanimità con 3 astenuti
Nonviolenza e movimento dei movimenti
(Pasquale Pugliese e Massimiliano Pilati)
Mai come oggi vaste reti di associazioni e militanti per la giustizia e la pace globali si sono dette, sempre più consapevolmente, nonviolente: si pensi in Italia alla Rete Lilliput.
Le drammatiche giornate del G8 di Genova hanno costituito, in questo senso, per gran parte del cosiddetto “movimento dei movimenti” italiano un’accelerazione e una doppia rivelazione: da un lato la rivelazione della brutalità che può manifestare il potere e dall’altro quella della propria debolezza strategica. Quella parte di movimento che, pur dichiarandosi non violento, è rimasto schiacciato e vittima tra tre opposte violenze – verbale e simbolica, diretta vandalica e repressiva – ha cominciato tanto a capire la necessità di non rincorrere i potenti nei loro vertici, quanto, e soprattutto, a percepire il bisogno di passare dal “dire nonviolenza” al “fare nonviolenza”, ossia di passare da una generica aspirazione ideale alla nonviolenza – proclamata su tutti i documenti – alla specifica prassi di azione politica nonviolenta.
Il Movimento Nonviolento, impegnato attivamente nella Rete Lilliput, – e nei cui confronti, per la sua storia, vi sono attese, e dunque responsabilità, come vi sono attese, e dunque responsabilità, per la Rete rispetto all’intero “movimento dei movimenti” – deve più che mai in questa fase non far mancare il proprio modesto ma insostituibile contributo, centrato in maniera specifica sull’approfondimento e la divulgazione del metodo nonviolento, ossia di quell’insieme di principi, strategie e tecniche volte non solo a fare la rivoluzione ma a rivoluzionare il modo stesso di fare la rivoluzione.
Questo significa aiutare la Rete Lilliput a lavorare in profondità per favorire l’acquisizione diffusa tra i lillipuziani, e sui loro territori, del metodo nonviolento – che non s’improvvisa ma è fatto di apertura e rigore, di formazione e sperimentazione, di lotta e di programmi costruttivi – privilegiando l’aumento della consapevolezza piuttosto che dei numeri, della qualità piuttosto che della quantità, dei tempi lunghi piuttosto della rincorsa agli avvenimenti mediatici. Perché la forza della nonviolenza è quella d’incidere sui processi strutturali piuttosto che sugli eventi di superficie.
In questa prospettiva il Movimento Nonviolento approva e sostiene la scelta della Rete Lilliput di non aderire all’Italian Social Forum e, soprattutto, la decisione di costituire i “Gruppi di azione nonviolenta” (GAN) presso i nodi locali della Rete, quali elementi fondamentali di formazione e azione della strategia lillipuziana e nonviolenta.
Pertanto, il XX Congresso del Movimento Nonviolento:
impegna il MN, nei suoi organismi centrali e territoriali, a promuovere attivamente la formazione dei GAN presso i nodi locali della Rete Lilliput;
impegna il Comitato di Coordinamento, a tal fine, ad organizzare momenti nazionali di formazione alla nonviolenza come metodo, rivolti a tutti i lillipuziani;
impegna il Comitato di Coordinamento a seguire lo sviluppo e la diffusione dei GAN all’interno del “Gruppo di Lavoro Tematico (GLT) Nonviolenza e Conflitti” della Rete Lilliput;
impegna il Comitato di Coordinamento a farsi promotore presso il “GLT Nonviolenza e conflitti” e presso i movimenti nonviolenti europei della preparazione di uno o più laboratori di approfondimento del metodo nonviolento all’interno dell’incontro dell’European Social Forum di Firenze.
Approvata all’unanimità con 3 astenuti
Il Decennio per l’educazione alla Nonviolenza
(Angela Marasso)
La concretizzazione della risoluzione ONU ha costituito uno dei due obiettivi fondamentali della Marcia Nonviolenta del settembre 200; Ed il Movimento ha posto tale questione al centro del proprio più recente impegno nei confronti della politica e delle istituzioni.
Anche sulla base della dichiarazione ONU del 13/0971999, e del Manifesto UNESCO 2000 “Per una cultura della pace e della nonviolenza” sottoscritto da oltre 65 milioni di persone, è stato predisposto un programma di attuazione operante in altri paesi, che potrà utilmente essere adottato dalla Commissione e dal congresso.
Esistono per tale azione, e si sono riscontrate, forti convergenze con altri Movimenti ed Associazioni, segnatamente ed in primo luogo il MIR, e la Tavola per la Pace.
La Commissione congressuale dovrà elaborare una risoluzione per l’assunzione di una campagna di studio, di lavoro, e di attività.
La sua articolazione dovrà essere programmata su diversi livelli: istituzionale, associativo, culturale, e di attività. I suoi caratteri specifici dovranno essere insieme la globalità e la specificità di settore, l’unitarietà territoriale, e la progettualità di area, il coordinamento nazionale ed internazionale e l’autonomia di ogni movimento, di ogni associazione, di ogni singolo, di ogni attività.
I suoi obiettivi di fondo potrebbero essere:
avviare una campagna ed un lavoro a livello nazionale per un Comitato Nazionale di Coordinamento;
avviare e sostenere un impegno verso le istituzioni, prevalentemente locali;
promuovere l’istituzione di una apposita Agenzia od Autorità per un coordinamento delle diverse competenze (Istruzione, Esteri, RAI, etc.) e di un Istituto di Ricerca per la Pace;
adottare e specificare un piano di azione per il decennio;
definire orientamenti e progetti di settore.
La Commissione propone al Congresso di far propri i Movimenti di preparazione ai lavori della commissione stessa.
Propone altresì al Congresso di assumere l’iniziativa di promuovere, in coordinamento con gli interlocutori già intervenuti e coinvolti, in collaborazione con istituzioni, enti, ed associazioni, già operanti nel settore, con l’ausilio di un comitato scientifico, e secondo progetti prioritariamente finalizzati alla formazione, una Campagna per l’attuazione della risoluzione ONU per una cultura della nonviolenza.
Indica quale ipotesi di raccordo del lavoro progettuale quella definibile …. Di esperienza: il gioco, la lettura, la comunicazione, il dolore e la malattia, la natura, l’altro, ecc…
Approvata all’unanimità con 3 astenuti
Una marcia o altra iniziativa specifica sulla nonviolenza
(Daniele Lugli)
L’iniziativa che il MN propone all’attenzione di tutti gli amici della nonviolenza è il percorso Assisi-Gubbio da compiersi dal 29 al 31 Agosto 2003 e concludersi con un Convegno sulle soluzioni dei conflitti.
La parola d’ordine resta quella della marcia per la nonviolenza del 2000 “ Mai più eserciti e guerre “.
L’avvicinamento all’iniziativa dovrebbe avvenire con la proposta di un digiuno mensile, il secondo mercoledì del mese, a gruppi e singolarmente. Diverse potranno essere le modalità pubbliche e private di effettuazione dei digiuni e delle iniziative che li accompagnano.
Azione nonviolenta accompagnerà e sosterrà l’iniziativa nella notizia e nella sua preparazione e sviluppo e con materiale di supporto.
Temi individuati e proposti alla riflessione nei 12 mesi e nei 12 digiuni di preparazione all’iniziativa possono riassumersi in 12 parole:
Comunicazione
Conflitto
Diritto
Disarmo
Ecologia
Economia
Educazione
Giustizia
Obiezione
10) Povertà
11) Relazioni
12) Spiritualità.
La proposta è affidata all’affinamento ed alla valutazione del Comitato di Coordinamento, per la miglior realizzazione dell’impegno delineato.
21 sì, 4 no, 8 astenuti
Nonviolenza, guerra e terrorismo. La campagna di obiezione del cittadino
(Adriano Moratto)
Nella nostra commissione si è discusso quasi esclusivamente della campagna per l’obiezione del cittadino.Tale campagna è ormai vista come una campagna quadro per raccogliere una serie di iniziative proposte che vanno dall’obiezione fiscale alle banche armate, al servizio civile volontario
La commissione ha altresì confermato l’approvazione fatta dal Comitato di coordinamento del testo di preparazione della campagna stessa.
E’ stata rilevata la necessità di una commissione “tecnica” costituita da rappresentanti del MIR, MN, Rete di Lilliput, Banche Armate Campagna Obiezione alle spese militari, più chi vorrà eventualmente aderire.
Tale commissione che era già presente nelle persone di Luciano Benini, Luciano Capitini, Massimiliano Pilati e con l’indispensabile partecipazione del Centro di Torino che si è assunto l’onere di segreteria, si e già impegnata entro un mese a mettere a punto un testo per la guida a questa Campagna, in modo da avere i TEMPI TECNICI per preparare l’ inizio di questa campagna quadro per il prossimo autunno.
Per quanto riguarda gli altri punti inerenti ad iniziative in difesa dell’art.11, proposte per il disarmo, o le iniziative sull’ EXA di Brescia, sono lasciate alle iniziative locali.
Pertanto (per restare nelle formule di rito) chiediamo al Congresso di approvare la costituzione della commissione per “gestire” la campagna per l’obiezione del cittadino nelle linee identificate nel documento sopracitato.
16 sì, 4 no, 6 astenuti
Raccomandazione (Lo Cascio)
Il XX Congresso del MN da mandato alla segreteria del movimento affinché, congiuntamente alle segreterie degli altri movimenti promotori della campagna per l’Obiezione di Coscienza del cittadino e della cittadina, venga assunta una risoluzione che puntualizzi gli obiettivi cui la campagna é finalizzata .
Indicando questi punti:
istituzione dei Corpi Civili di Pace
riconoscimento del diritto di opzione fiscale
definizione delle norme a garanzia del diritto di Obiezione di Coscienza contro la possibilità di richiamo alle armi anche dopo la data di sospensione della leva
applicazione delle norme prevista dall’ art. 8 della legge 230/98
16 sì, 1 no, 6 astenuti
La TV e i mezzi di comunicazione
(Matteo Soccio)
Premessa. I partecipanti a questa commissione hanno ritenuto di dover concentrare l’attenzione soprattutto sul mezzo televisivo, considerato il più potente. Gli interventi hanno evidenziato, nei confronti della questione televisiva, sensibilità e valutazioni diverse sia di tipo individuale/esistenziale sia di tipo politico. In ogni caso è stato considerato urgente per i nonviolenti fare i conti con la TV per due importanti considerazioni: la prima riguardante gli effetti intrinsecamente ipnotici e capaci di modificare i comportamenti individuali e gli stili di vita, la seconda riguardante la possibilità che lo strumento possa essere usato per manipolare, attraverso il controllo dell’informazione, le coscienze, le opinioni, le scelte politiche. Attraverso il mezzo televisivo, il potere economico impone modelli di consumo, visioni politiche, interpretazioni della realtà, trasformando il cittadino in utente passivo non pensante e consenziente. La cosa che più preoccupa non è tanto la presenza massiccia della violenza e del sesso in TV ma la capacità, che ha questo mezzo, di modellare i comportamenti e i consumi dei cittadini e soprattutto di influire sul libero esercizio del consenso e del dissenso, senza il quale non esiste una società democratica.
Queste considerazioni hanno portato a manifestare le seguenti esigenze e raccomandazioni:
ritornare ad essere soggetti attivi e non più passivi, assumendo di fronte alla TV l’atteggiamento del “consumatore critico” e del cittadino responsabile;
utilizzare il mezzo televisivo il meno possibile per valorizzare le relazioni interpersonali;
combattere il monopolio delle reti private;
esigere l’eliminazione della pubblicità nelle reti pubbliche e a pagamento;
esigere che le stesse TV facciano un’informazione approfondita sui danni che può produrre il mezzo televisivo;
abolire il sistema dell’audience che mercifica i prodotti televisivi, imponendo programmi non di qualità ma paganti in termini pubblicitari.
Nel dibattito è emersa anche la necessità che il Movimento Nonviolento utilizzi la TV per far conoscere i propri programmi e iniziative, la visione del mondo della nonviolenza, utilizzando e gestendo gli “accessi” previsti e conquistando altri spazi finalizzati. Si raccomanda comunque di non rinunciare, anzi di potenziare gli altri mezzi tradizionali di comunicazione, oggi considerati “poveri”: radio, giornali, proiezioni audio-visive, volantini, manifesti ecc.
Un altro aspetto, che si raccomanda di seguire con attenzione e di approfondire, riguarda le possibilità offerte dai cosiddetti “nuovi media” come Internet e la TV interattiva.
Indicazioni operative.
Sulla base delle considerazioni svolte si danno al MN le seguenti indicazioni operative al fine di lanciare una Campagna rieducativa del cittadino consumatore televisivo:
organizzare un Seminario di studio e approfondimento sul tema: TV, nuovi Media e Nonviolenza. Prospettive e rischi;
elaborare e stampare una Mini-guida all’uso critico della TV;
praticare forme di disobbedienza e rifiuto del mezzo televisivo in particolari circostanze e verso specifiche espressioni della programmazione televisiva;
denunciare il canone televisivo chiedendo l’abolizione della pubblicità nelle reti pubbliche;
promuovere periodicamente forme di “Disintossicazione televisiva” (ad es.: digiuno televisivo, “cura dimagrante”, ecc.);
conquistare nelle reti TV spazi di autogestione da destinare all’informazione nonviolenta;
suggerire e promuovere alternative alla TV;
contattare e coinvolgere in questa campagna i tecnici e i professionisti della TV e altri soggetti politici e sociali interessati, promuovendo un Osservatorio permanente per il controllo delle menzogne e delle violenze della TV.
16 sì, 9 no, 2 astenuti
Prospettive dell’Obiezione di Coscienza, Corpi Civili di Pace
(Mao Valpiana)
Il Congresso conferma una grande attenzione per lo sviluppo del S.C. volontariato (legge 64 del 2001) e per ogni iniziativa che vada nella direzione della istituzione dei Corpi Civili di pace.
In particolare propone :
di seguire l’iter attuativo della L.64, anche affidando uno specifico incarico nel C.d.C., e di presentare progetti di “S.C. volontario”sulle DPN, che prevedono una adeguata formazione.
Di mettere a disposizione del “Progetto di formazione alla nonviolenza attiva” un pacchetto formativo sulla storia dell’ OdC preparando anche appositi materiali (diari di obiettori, videocassette, etc. )
Di impiegare AN a pubblicare con continuità materiale sull’obiezione, lo sviluppo del S.C. all’estero e in Italia, le esperienze di interventi civili di pace
(OdC in Israele e Turchia)
Di individuare una persona o due che rappresentino in MN nel Coordinamento dei gruppi “ Verso i Corpi Civili di pace”
Di rafforzare all’interno di Lilliput l’esigenza che ogni nodo locale si sensibilizzi sul S.C. e sui Corpi Civili di pace.
Il MN si impegna a partecipare, con propri rappresentanti, ai seguenti appuntamenti:
19-21 Aprile a Milano Coord. Europeo del Sevizio Civile di pace
18 Maggio a Rimini al Convivio dei Popoli
23 Agosto- 1 Settembre al Corso di Formazione
All’unanimità con 1 astenuto
Le proposte della nonviolenza per una trasformazione dell’economia
(Nanni Salio)
Approfondire il rapporto tra economia e politica, in particolare nuove forme di partecipazione politica (bilancio partecipativo, scelte partecipative, strumento referendario) e di democrazia dal basso.
Avvio di una ricerca per conoscere e valutare criticamente le esperienze di vita comunicativa e di economia nonviolenta presenti in Italia.
3) Potenziare le pagine di AN dedicate all’economia nonviolenta con inserti specifici e con contributi che facciano conoscere le esperienze in corso.
Approvata all’unanimità con 6 astenuti
Difesa e ampliamento della democrazia
(Rocco Pompeo)
Già dalla relazione/documento finale del Congresso emergevano con chiarezza la consapevolezza della crisi della democrazia nel nostro paese e le indicazioni di un percorso per un suo superamento in termini positivi .
Ed al convegno promosso in occasione della Marcia Specifica nonviolenta del Settembre 2000 ponevamo al centro della nostra riflessione politica la questione della politica.
Ora, non v’è dubbio che le cadute della democrazia e le degenerazione dello scenario politico ( prevalenza di grandi gruppi sui cittadini; rappresentanza scorporata in sostituzione della rappresentanza politica; centralità delle oligarchie; segretezza di settori sempre più vasti del potere; scarsa partecipazione alla vita pubblica, ridotta sempre più a scontro/confronto personale ed a spettacolarizzazione; chiusura istituzionale; machiavellismo e menzogna politica; eccesso di poteri per i funzionari e prevalenza di pseudogiustizia; rafforzamento dell’esercito e per di più professionale; etc.) sono andati accentuandosi in questi ultimi tempi in Italia e nel mondo.
Siamo ormai comunque in presenza di un regime democratico senza popolo e senza cittadini, caratterizzato dal diffondersi sempre più marcato di analfabetismo politico, in gran parte dovuto alla sostanziale convergenza di valori e di scelte programmatiche delle diverse forze politiche ( valga per tutto la comune scelta del ricorso alla guerra).
Gli amici della nonviolenza sanno bene che:
non esiste un punto alfa e non esiste un punto omega nell’itinerario verso l’omnicrazia ed il potere di tutti;
ogni critica al presente è anche un’accusa pesante al passato, ed alle insufficienze con le quali si è arrivati alla situazione presente;
non esiste una situazione in cui “tutto è perduto”, così come non esiste una situazione in cui “tutto si è realizzato”, quella in cui “ si gioca tutto”.
Dare nuova centralità ai valori legati alla “apertura all’esistenza, alla libertà, ed allo sviluppo di ogni essere”; rivedere il welfare all’italiana; ampliare la democrazia; promuovere lo sviluppo ed il lavoro : queste le leve per evitare esiti autoritari ( di destra, di centro, o di sinistra non importa proprio niente! ) e per tenere saldamente coniugati benessere e sicurezza sociale, libertà e democrazia politica in Italia.
Le leve del nostro agire vengono a precisarsi:
nuova concezione e nuova pratica del potere, passando dalla capacità di imporre la propria volontà ed i propri interessi , attraverso gli strumenti della forza e della violenza alla diffusa possibilità di avanzare proposte e soluzioni ancorate al fine primario dell’interesse di tutti e garantite in tale valenza dalla scelte della nonviolenza.
Informazione, anche e soprattutto come tutela del cittadino rispetto al funzionamento del potere, per non parlarne, poi, contro gli errori e gli abusi del potere .
Controllo e verifica
Democrazia dal basso e revoca
Riduzione dei poteri “tradizionali” : esercito, burocrazia, magistratura, carcere, etc.
Non democrazia diretta, ma appunto omnicrazia
Non contro le istituzioni, ma oltre le istituzioni (Arendt e la disobbedienza civile )
Da quanto espresso emergono le nostre possibili “aggiunte” :
centralità della questione istituzionale, che viene in Italia a precisarsi come questione della piena cittadinanza e dello stato di diritto. Uno Stato democratico deve tutelare i diritti e le libertà con il diritto comune, senza ricorrere a legislazioni speciali o corpi segreti. La democrazia aperta è un processo, e le riforme devono significare trasformazioni reali, anche irreversibili.
oltre ogni concordato per la laicità dello stato, delle istituzioni, della scuola
per una nuova stagione costituente dei diritti e dei doveri
per una vivibilità del lavoro, del tempo, delle città, della natura, dello spazio.
Nella pratica, l’azione del Movimento sarà volta a promuovere la costituzione ed il funzionamento di centri territoriali aperti con l’obiettivo di riaffermare la centralità delle assemblee, dei luoghi di confronto, della partecipazione diretta dei cittadini.
In questo contesto il Movimento guarda favorevolmente all’ipotesi della costituzione di GAN (Gruppi di Azione Nonviolenta) nei nodi di Rete Lilliput ed anche quale esperienza concreta di cittadinanza attiva ed ampliamento della democrazia.
Il Movimento rende disponibili la propria esperienza e le proprie competenze per la formazione e l’attività dei GAN.
Valuta opportuno indicare, come propria originale “aggiunta” alla riflessione ed al lavoro di Rete Lilliput, la priorità di un impegno per la difesa del funzionamento e della vita democrazia delle istituzioni.
Approvata all’unanimità con 4 astenuti
MOZIONI PARTICOLARI
Approvate all’unanimità
Sostegno alla Cooperativa “Il Seme e il Frutto” di Brescia
(Alfredo Mori)
Il XX Congresso del Movimento Nonviolento , riunito a Ferrara nei giorni 12,13 e 14 Aprile 2002 , conferma il proprio impegno a sostenere l’azione di risanamento della Cooperativa biologica “ Il Seme e Il Frutto “ di Brescia , avviata con il contributo della sezione locale del Movimento.
Tale azione si propone tra l’ altro di rilanciare le motivazioni originarie , che prevedono anche la promozione di iniziative culturali specifiche , considerando il fatto che la Cooperativa nella sua vita ultraventennale è stata ed è tuttora frequentata da molti esponenti e simpatizzanti dell’ area nonviolenta .
Il XX congresso invita gli organismi responsabili del Movimento a proseguire tale impegno , anche mettendo a disposizione , ove si rendessero necessarie , ulteriori competenze professionali che già in parte sono state coinvolte .
Contro la propaganda militare
(Giovanni Mandorino)
Il congresso del Movimento Nonviolento si svolge mentre il nostro Paese è attivamente coinvolto, in violazione dello spirito e della lettera dell’art. 11 della nostra Costituzione, in una guerra a migliaia di chilometri di distanza dal proprio territorio.
In questo momento il nostro impegno antimilitarista di sempre deve diventare più incisivo.
Il Congresso impegna le sedi locali e gli aderenti al Movimento ad avviare, ciascuno nella propria realtà territoriale in collaborazione con gli altri soggetti disponibili, campagne nonviolente contro lo svolgersi delle manifestazioni di propaganda militare che assumono, in questo momento e nel quadro della riforma della leva, un particolare significato mirando alla costruzione ed al consolidamento del consenso all’uso dello strumento militare o addirittura di una cultura apertamente militarista.
RACCOMANDAZIONI
Approvate
Organizzazione
(Matteo Soccio)
Il XX Congresso del MN,
a partire dalle note organizzative preparate su incarico del C.d.C. da Rocco Pompeo, al fine di migliorare l’assetto organizzativo del MN e rendere più efficace la sua attività e i suoi interventi nel contesto politico italiano, indice per l’autunno del 2002 una conferenza organizzativa aperta a tutti gli iscritti. Le modalità di preparazione verranno decise dal prossimo C.d.C.
Banca Etica
(Davide Caforio)
Il XX Congresso del MN dà mandato al Coordinamento di provvedere alla adesione alla Banca Popolare Etica.
Solidarietà a Beppe Pierantoni
(Paolo Predieri)
Il Congresso del Movimento Nonviolento invia un affettuoso saluto a Beppe Pierantoni, missionario dehoniano, per anni compagno di cammino nella promozione dell’obiezione di coscienza e della nonviolenza, liberato dopo 6 mesi di dura prigionia nella foresta del sud delle Filippine.
Democrazia e Costituzione
(Solmi)
Data la gravità della situazione che si è venuta a creare nel nostro paese e che minaccia di condurre (se non ha già, almeno in parte, condotto) all’instaurazione di un assetto politico incompatibile con i principi ispiratori della nostra Costituzione Repubblicana, e la necessità che il Movimento Nonviolento prenda posizione in modo chiaro anche a livello nazionale sulle misure da adottare e sulle iniziative da sostenere in questi frangenti, il Congresso demanda al Comitato di Coordinamento di assumere le necessarie iniziative.
20 sì, 5 no, 8 astenuti
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Segreteria
Lugli Daniele
Direttore AN
Valpiana Mao
Comitato di Coordinamento
Racca Piercarlo,
Pompeo Rocco
Pugliese Pasquale
Pilati Massimiliano
Capitini Luciano
Rizzi Flavia
Buccoliero Elena
Dogliotti Marasso Angela,
Soccio Matteo
Moratto Adriano,
Pallottino Claudia
Giusti LucaTrevisan Alberto
Lo Cascio Francesco