Prologo
Questo documento affronta una vicenda che ci sta a cuore; non giudica le scelte di altre associazioni; non denuncia divisioni nel movimento pacifista; vuole semplicemente esprimere il nostro pensiero per rispondere alle amiche e agli amici che ci chiedono: “Perchè il Movimento Nonviolento non partecipa alla Marcia PerugiAssisi 2016 ?”
Premessa
La Marcia Perugia-Assisi è la storica manifestazione del movimento pacifista italiano, nota in tutto il mondo. La sua immagine evocativa e simbolica trae alimento e forza dalla prima edizione del 24 settembre 1961, ideata e voluta da Aldo Capitini, il filosofo della nonviolenza e fondatore, con Pietro Pinna, recentemente scomparso, del Movimento Nonviolento.
Il percorso da Perugia ad Assisi è carico di significato. Capitini “libero religioso”, come lui stesso si definiva, volle iniziare la Marcia da Perugia, città laica, e concluderla ad Assisi in omaggio a Francesco “che è santo per tutti”.
Capitini ideò quella Marcia in un momento internazionale di forte contrapposizione Est-Ovest, con lo spettro dell’olocausto atomico, per unire le masse popolari italiane, cattolici e comunisti, laici e religiosi, nel comune desiderio di pace per il mondo. Ma alla generica aspirazione alla pace, Capitini volle aggiungere “il lancio dell’idea del metodo nonviolento”.
Dopo la morte di Capitini il Movimento Nonviolento ne raccolse l’eredità: fu Pietro Pinna a proseguirne l’opera e nel 1978, a dieci anni dalla morte di Capitini, ripropose la Marcia come strumento di azione del movimento per la pace e lo fece anche negli anni successivi con precisi obiettivi politici: nel 1981 contro l’installazione dei missili nucleari, nel 1985 per il blocco delle spese militari.
Poi però la Marcia si è “istituzionalizzata”, assunta dagli Enti locali umbri e da un comitato promotore permanente, che l’ha resa periodica, convocandola ogni due anni. Ne sono state realizzate 16 edizioni, più o meno partecipate, con o senza obiettivi specifici, ma raccogliendo sempre la volontà di partecipazione di tanta parte dell’associazionismo organizzato o di singole persone. La Marcia negli anni è divenuta patrimonio comune, un appuntamento importante, ma con il rischio della ritualità e della genericità.
Già nel 1988 Pietro Pinna sulle pagine di Azione nonviolenta ne denunciò “la genericità delle sue parole d’ordine prive di un qualsiasi obiettivo di immediata azione comune”.
Dopo la Marcia del cinquantesimo anniversario nel 2011, cui partecipammo attivamente come co-promotori, chiedemmo pubblicamente una riflessione profonda e critica sul senso della Marcia oggi, come forma collettiva di azione nonviolenta orientata a precisi obiettivi politici, ma gli organizzatori hanno preferito proseguire acriticamente con una riproposizione ripetitiva.
Contenuti
Queste riserve le ribadiamo ancor oggi, in vista della prossima edizione della Marcia della pace e della fraternità 2016.
L’appello si caratterizza “Contro la violenza e l’indifferenza” e dice che la Marcia vuole “fermare le guerre, le stragi e i violenti; contrastare le idee e le politiche che alimentano le paure e le divisioni; gettare le basi per una società di pace”. Ai partecipanti viene chiesto aiuto per “abbattere i muri dell’indifferenza, della rassegnazione e della disinformazione” e l’Appello si conclude così: “Facciamo in modo che la PerugiAssisi sia la marcia di coloro che si oppongono a questa realtà, che si indignano, la rifiutano e si impegnano quotidianamente a trasformarla costruendo pace, accoglienza, solidarietà, dialogo, nonviolenza e fraternità”.
Francamente ci sembrano affermazioni troppo generiche, prive di qualunque impegno e obiettivo politico stringente all’altezza della tragica realtà dei nostri tempi. Titolo, contenuti e documento della Marcia sono stati comunicati come un dato di fatto. A tutti si chiede solo di aderire e partecipare. La gestione, l’organizzazione, l’immagine della Marcia restano in mano al cosiddetto “comitato promotore” che, sempre con la stessa firma personale, appare come un organo monocratico.
Considerazioni
Noi pensiamo che non sia utile convocare una Marcia (è stata annunciata più di un anno fa) indipendentemente dal contesto internazionale nella quale viene a “cadere” e dai percorsi di elaborazione politica collettiva del “popolo della pace”. L’Appello non affronta quanto di drammatico e disastroso sta accadendo oggi in Siria, in Iraq, in Libia, in Afghanistan e in decine di altre zone del mondo, con una comunità internazionale impotente o complice, dentro una nuova corsa agli armamenti. Gli attentati del terrorismo internazionale anche nel cuore dell’Europa e la risposta bellica che anche il nostro governo avalla, richiedono analisi, iniziative, proposte (che pure il movimento per la pace, nelle sue varie articolazioni, ha elaborato) ben più complesse di quanto contenuto nei generici appelli della Marcia che purtroppo nella sua voce corale non riuscirà ad esprimere di meglio. Ne risulterà, per l’opinione pubblica, un movimento per la pace inadeguato, autoreferenziale, inconcludente, non all’altezza delle sfide quotidiane. Da parte nostra assecondare questi equivoci e ambiguità non ci sembrerebbe un buon servizio alla causa comune.
Farlo sarebbe un errore politico.
Proposta
Riteniamo che oggi il movimento per la pace non debba essere riportato alla genericità degli slogan retorici, buoni per ogni stagione, ma che non spostano in avanti il processo di disarmo e di costruzione delle alternative alla guerra, alle armi ed agli eserciti, strumenti che l’alimentano e la rendono possibile. La Marcia, come scriveva Aldo Capitini, non può essere “fine a se stessa”; la Marcia è un mezzo nonviolento di azione: tra i requisiti fondamentali vi è quello di dover proporre obiettivi politici specifici e chiari, “onde che vanno lontano”, che impegnino responsabilmente ciascuno dei marciatori.
Ad esempio noi pensiamo che la Campagna “Un’altra difesa è possibile”, con la proposta dell’approvazione di una Legge che riconosca e renda istituzionalmente operativa la difesa civile non armata e nonviolenta, avrebbe potuto essere un obiettivo politico importante e qualificante della Marcia, sui cui le associazioni e i singoli marciatori avrebbero potuto essere chiamati ad impegnarsi. Ma così non è stato.
Dopo più di 50 anni, sarebbe il momento di fare una valutazione collettiva ed anche ripensare ai modi di comunicazione e di espressione del più vasto movimento. Marciare in corteo da Perugia ad Assisi nel 1961 era un fatto assolutamente innovativo e rivoluzionario; continuando a farlo ogni due anni si corre il rischio della ripetitività ed assuefazione. Così come nelle forme organizzative anche nelle modalità comunicative ci vuole un adeguamento al rapporto mezzi – fini.
Conclusioni
Per queste ragioni e per queste mancanze il Movimento Nonviolento ha ritenuto che non vi siano le condizioni per poter aderire alla Perugia-Assisi del 2016.
Tuttavia, essere alla Marcia è un momento importante per chi vi partecipa. Dal giorno dopo la Marcia chi vorrà continuare un impegno serio, consapevole e quotidiano per la costruzione della pace attraverso la nonviolenza, potrà trovarci nelle decine di Centri territoriali del Movimento Nonviolento in tutta Italia: c’è bisogno ogni giorno del lavoro di tutti.
Ciò che abbiamo voluto evidenziare con questo documento, rivolgendoci soprattutto alle Reti con le quali convocammo l’Arena di Pace e Disarmo e con le quali conduciamo la comune Campagna “Un’altra difesa è possibile”, è che l’unità del movimento la si costruisce quotidianamente impegnandosi a fondo sui contenuti: il Movimento Nonviolento non fa mai mancare la propria aggiunta nonviolenta a chi sinceramente opera per la pace.
Movimento Nonviolento
www.nonviolenti.org www.azionenonviolenta.it