CNESC – Conferenza nazionale enti di servizio civile, Movimento Nonviolento
AVREI (ANCORA) UN’OBIEZIONE!
A Firenze domani e domenica un Convegno per ricordare 40 anni di obiezione di coscienza e servizio civile in Italia
In occasione dei 40 anni (1972-2012) dall’approvazione della prima Legge per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza ed istituzione del servizio civile, la n. 772 del 15 dicembre 1972, il Movimento Nonviolento e la CNESC (Conferenza nazionale degli Enti di servizio civile), organizzano un Convegno a Firenze nei giorni 15 e 16 dicembre 2012.
«Sarà un momento – dichiarano i promotori – per “fare memoria” della nostra storia, ma anche per affrontare i pressanti problemi dell’oggi: l’urgenza del disarmo, l’opposizione alle spese militari, la difesa del servizio civile nazionale colpito dai continui tagli ai finanziamenti». La scelta della stessa città di Firenze si inserisce nel ricordo dei tanti protagonisti di questa storia, come don Lorenzo Milani, padre Ernesto Balducci, il sindaco Giorgio La Pira, il filosofo nonviolento Aldo Capitini e il primo obiettore Pietro Pinna.
Il Convegno si aprirà sabato 15 dicembre alle ore 10 nella Sala dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, con il saluto delle autorità, alcuni video e le relazioni degli organizzatori.
Sabato pomeriggio, presso il Convitto della Calza, sono previste le testimonianze dei protagonisti di questi 40 anni di storia, con le voci dei “giovani” di allora e di oggi. La sera, in un momento aperto a tutti, verrà proiettato il film “Non uccidere” del regista francese Autant Lara, con un introduzione del critico cinematografico Goffredo Fofi. Il film, dedicato al tema dell’obiezione al militare, venne proiettato per la prima volta proprio a Firenze nel 1961 grazie all’impegno dell’allora sindaco Giorgio La Pira che sfidò la censura dell’epoca.
La mattina di domenica 16 dicembre vedrà infine al Teatro della Pergola due tavole rotonde dedicate al futuro del servizio civile, dove si confronteranno associazioni, società civile, movimenti e partiti.
40 anni dopo, rimane da conquistare il diritto alla difesa civile, non armata e nonviolenta. Le conclusioni al Convegno “Avrei (ancora) un’obiezione!”
Pasquale Pugliese, segretario del Movimento Nonviolento
L’appuntamento con i 40 anni dalla Legge ‘772 del 1972, che per la prima volta consentiva alla possibilità di dichiararsi obiettore di coscienza e di svolgere il servizio civile alternativo, per il Movimento Nonviolento è il compimento di un anno importante sul piano simbolico ma, soprattutto, su quello del proprio impegno politico. E’ un anno iniziato il 24 settembre del 2011 con la Marcia Perugia-Assisi, in occasione dei 50 anni della prima Marcia della Pace, voluta da Aldo Capitini, e proseguito con gli eventi legati ai 50 anni dalla propria fondazione, a cura dello stesso Capitini e di Pietro Pinna. Un anno dedicato non tanto alle celebrazioni ma alla questione – urgente – dell’impegno per il disarmo.
Anche questo importante convegno, intitolato non a caso “Avrei (ancora) un’obiezione!” – organizzato congiuntamente dal Movimento Nonviolento e dalla Conferenza Nazionale degli Enti di Servizio Civile – non è stato solo il doveroso omaggio ad una storia, alla nostra storia iniziata con la scelta solitaria di Pietro Pinna, ma ha messo in dialogo la Storia con il presente, attraverso la messa a fuoco del filo rosso tra la storia delle lotte per l’obiezione di coscienza ed il Servizio Civile Nazionale di oggi, dimostrando che questo legame non è soltanto quello di carattere generativo – perché senza l’obiezione di coscienza non ci sarebbe stato oggi il servizio civile – ma è un legame saldo e resistente, fondato sui contenuti comuni dell’obiezione di coscienza e del servizio civile, sia rispetto ai fini che rispetto ai mezzi.
Esplicitiamolo ancora una volta.
Il legame rispetto ai fini
Le motivazioni sulle base delle quali si è dipanata la storia personale e collettiva della “nostra” obiezione di coscienza sono ragioni politiche: l’opposizione integrale alla guerra ed alla sua preparazione. E la preparazione della guerra oggi ha raggiunto proporzioni inimmaginabili non solo nel 1972, ma in tutta la fase della cosiddetta “corsa agli armamenti” della “guerra fredda”. Oggi è di gran lunga superato il picco di spesa militare di quella fase storica e – in una fase di crisi economica globale – si sperperano nel mondo oltre 1.700 miliardi di dollari in armamenti. Si svuotano letteralmente i granai per riempire gli arsenali. Il nostro Paese, a picco in tutti gli indicatori sociali, svetta ai primi posti per le spese militari e conferma l’impegno per l’acquisto dei caccia F-35, il più faraonico e anticostituzionale programma di armamenti della nostra storia.
Dunque, le ragioni dell’obiezione di coscienza che hanno spinto molti nelle carceri militari sono tutte presenti ancora oggi. Abbiamo (ancora) un’obiezione! Anzi molte obiezioni.
Il legame rispetto ai mezzi
E’ vero che i Costituenti non inserirono l’obiezione di coscienza tra i diritti costituzionali, ma l’art. 11 della Costituzione repubblicana sancisce il ripudio della guerra come “mezzo” e come “strumento”, indicando così la strada della necessaria ricerca di “mezzi” e “strumenti” alternativi per la risoluzione dei conflitti internazionali e per la difesa della Patria.
La legge istitutiva del Servizio Civile Nazionale, pur con molti limiti, recepisce questa fondamentale eredità della lotta degli obiettori di coscienza e indica, come prima finalità dell’istituto del SCN proprio quella di “concorrere, in alternativa al servizio militare, alla difesa della Patria con mezzi e attività non militari”. E’ l’ingresso (in verità già ben anticipato nella legge del 1998) nel nostro ordinamento di una modalità alternativa di difesa della Patria, che non solo la politica non ha preso sul serio – delegando anzi direttamente con il governo Monti la politica della difesa ad un ammiraglio – ma temo neanche lo stesso movimento per la pace e gli Enti di servizio civile. Eppure, esplicitare fino in fondo tutte le implicazioni culturali e politiche di questa innovazione legislativa, consentirebbe di mettere a fuoco una serie di importanti “effetti collaterali”, ma sostanziali:
se concorrenza ci deve essere tra le due forme di difesa, in realtà si tratta attualmente di una concorrenza assolutamente sleale sul piano delle risorse messe a disposizione per ciascuna di esse: decine di miliardi di euro per la difesa militare (messi al sicuro anche per i prossimi anni con la legge-delega “Di Paola” dello strumento militare, votata in modo bipartisan dal Parlamento), poche decine di milioni per la difesa civile (nel corso degli anni sempre più calanti, incerti e di risulta). Dunque è necessario che difesa militare e difesa civile (cioè la difesa non armata e nonviolenta) abbiano, almeno, pari dignità.
Se è necessario difendersi, bisogna rivedere i concetti di minaccia e di sicurezza, ponendosi la seguenti domande di fondo: da chi o da che cosa dobbiamo difenderci? Quali sono le vere minacce alla nostra sicurezza? Quelle rappresentate, per esempio, da un eventuale attacco militare della Corea del Nord oppure la precarietà, la povertà, l’analfabetismo, le mafie, il dissesto del territorio e così via? Quale difesa è più pronta a rispondere a queste minacce reali, quella militare e quella civile?
Quando si tratta di far fronte ai conflitti internazionali, “mezzi e le attività non militari” sono quelli rappresentati dai Corpi civili di pace, mai messi neanche a progetto; “mezzi” e “strumenti” militari – dopo gli ossimori delle “guerre umanitarie” – diventeranno i caccia d’attacco F-35, per i quali si spendono almeno 15 miliardi di euro: quali di questi mezzi sono coerenti con la lettera e lo spirito dell’art.11, principio fondamentale della Costituzione italiana?
Il nostro compito, oggi.
Allora, affinché il “concorrere con mezzi e attività non armate” alla difesa della Patria non sia mera retorica, ma sia reso possibile quanto stabilito dalla legge dello Stato istitutiva del SCN, è necessario un cospicuo e stabile trasferimento di risorse dall’abnorme spesa per la difesa militare a vantaggio della difesa civile. Ed è altresì necessario ridare vita al Comitato consultivo per la difesa non armata e nonviolenta, perché la difesa della Patria non è mero affare di “politiche giovanili”.
E’ questo il compito dell’oggi. Così come gli obiettori di coscienza hanno conquistato il diritto al Servizio civile nazionale per tutti, oggi la generazione dei volontari civili, insieme al movimento per la pace e la nonviolenza, deve conquistare il diritto alla “difesa civile, non armata e non violenta” di tutti e per tutti.
Su questo possono, e devono, svolgere un compito fondamentale anche gli Enti di servizio civile, i quali, per esempio, non devono considerare (come spesso avviene) la formazione generale come un pegno da pagare alla legge (ed alle sue “linee guida”), ma il momento fondamentale del processo di “coscientizzazione” – per dirla con Paulo Freire – dei giovani volontari, sostenendone il passaggio da giovani “civilisti” (orrendo termine spesso utilizzato) in consapevoli “difensori civili della Patria”. Incoraggiandone, anzi, un diretto impegno culturale e politico – perché quella non sia una formula vuota – entrando a far parte del più ampio movimento nonviolento e per la pace, in una lotta che ha la stessa dignità di quelle passate degli obiettori di coscienza e soprattutto ha lo stesso avversario di sempre, ma ancora più agguerrito: la guerra e la sua preparazione.
IL CONTRIBUTO DEL SERVIZIO CIVILE DEGLI OBIETTORI DI COSCIENZA AL PROTAGONISMO DEI GIOVANI:Relazione al Convegno “Avrei (ancora) un’obiezione!”, Firenze 15 Dicembre 2012
Licio Palazzini, vice presidente CNESC
Perché questo approccio al 40° della legge che riconosciuto legalmente l’obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio?
Perché i protagonisti di quegli eventi furono alcuni adulti (le personalità di riferimento già citate negli interventi precedenti) e tanti giovani (allora)
Alcuni di quei giovani erano “impegnati” in altri movimenti
Sindacale, studentesco, organizzazioni giovanili (Oggi solo i movimenti studenteschi sono rimasti come strumenti di partecipazione giovanile )
Molti avevano con l’obiezione di coscienza il battesimo personale all’impegno civile, con un percorso di responsabilità molto diverso e più esigente rispetto alle obiezioni che sarebbero sorte successivamente
Ma c’è un altro motivo, più culturale, che ad una lettura storica appare evidente e che allora faceva parte del vissuto
I movimenti e le persone per l’obiezione mettevano al centro dell’azione il contributo personale al cambiamento di realtà non condivise (in questo caso ESERCITI, ARMI, GERARCHIA MILITARE, CASERME, NONNISMO).
Ecco una prima forma di contributo al protagonismo dei giovani
L’impegno diretto per superare un’ingiustizia, senza aspettare che lo facessero gli altri
Questo rilevanza del ruolo diretto di ogni persona, distante anni luce dal protagonismo dell’eroe, del terrorista, stava e sta dentro una concezione del ruolo delle istituzioni
Altra idea di società rispetto alle ideologie (oggi riemergenti)
Della supremazia di una nazione sull’altra
Della via armata alla soluzione dei conflitti
Della superiorità di un uomo sull’altro uomo
Della superiorità dell’uomo sulla donna
Il Paese non riceve beneficio dal Servizio Civile o dal Servizio Militare come fossero istituzioni a cui le persone si devono sottomettere
Ma è dal servizio delle persone nelle due istituzioni che il Paese è beneficiato
Da qui il conflitto, allora come oggi, con i generali e i politici della Difesa, non con le persone in uniforme
E oggi il Parlamento ha fatto una scelta offensiva verso tutti i cittadini con l’approvazione del Disegno di legge sulla difesa che blinda i bilanci dei militari e degli armieri per i prossimi dieci anni mentre si affossa la sanità, la scuola, il welfare.
Già allora eravamo convinti che giovani educati, preparati a servire gli altri cittadini fossero una ricchezza comune
Per le istituzioni
Per le organizzazioni sociali
Per le imprese
Per i cittadini
Approccio originale e alternativo al modo di concepire una istituzione e il ruolo delle persone al loro interno, proposto negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, in tanti campi, penso alla sanità e alla scuola
Ancora più scomodo quando proposto alla istituzione più statale di tutte, quella su cui sono nati gli Stati nazionali
Nel linguaggio tradizionale Difesa dei confini, monopolio uso delle armi
Nel linguaggio dell’obiezione promozione della pace fra gli stati con modalità non armate e nonviolente
Approccio che contribuì all’ultima stagione ove i giovani italiani hanno potuto e saputo essere protagonisti nei cambiamenti, ove è stato possibile ad un figlio di contadini diventare presidente di un’associazione nazionale
Questo approccio alternativo spiega perché era ed è naturale per i promotori di questa giornata pensare al Servizio Civile come risorsa per il protagonismo dei giovani
Ed ha trovato applicazioni concrete, concretissime
Dove vado a svolgere il servizio civile da obiettore?
Voglio dire la mia, non essere considerato un numero con i soldati di truppa
Gli auto distaccati in reazione alle precettazioni d’ufficio
Segnalazioni nominative, poi congiunte
Da qui gli attuali progetti con il diritto dei giovani di scegliere quale esperienza svolgere
Quali sono i miei diritti e i miei doveri?
Non accetto la gerarchia, il SIGNORSI’
Ma accetto l’autorevolezza di adulti educatori
Da qui l’OLP (sperando che sia un buon educatore)
Il Servizio Civile è stato esperienza di protagonismo dei giovani durante il servizio
Le organizzazioni degli obiettori (LOC e AON)
I coordinamenti informali e formali (esperienza preziosa di Caritas Italiana)
Per partecipare alla individuazione delle cause dei problemi, alla loro soluzione e alla costruzione di regole per evitare il loro ripetersi
Da qui la partecipazione delle organizzazioni degli obiettori alla Consulta Nazionale del Servizio Civile fra il 1999 e il 2001
Da qui la partecipazione di 4 rappresentanti dei giovani in SCN alla Consulta Nazionale dal 2003
Incidente molto rilevante della soppressione della Consulta Nazionale questo fine Luglio è in via di superamento in queste ore
Chiediamo la sua immediata ripresa perché ci sono molti argomenti da affrontare
Nell’Italia del servizio civile degli obiettori non ci sono state solo luci
Molte organizzazioni, gli enti convenzionati, hanno avuto un approccio sbagliato che si è scaricato sul giudizio che molti obiettori hanno poi dato del servizio civile stesso
Approccio centrato sulla soddisfazione delle esigenze dell’ente, fosse esso pubblico e senza scopo di lucro
Approccio che ha subordinato i processi educativi dei giovani ai servizi da erogare
Ma la responsabilità principale ricade sul Ministero della Difesa, responsabile fino al 1998 della gestione del servizio civile nell’aver tollerato, lasciato procedere questi atteggiamenti
Poche organizzazioni, e fra queste quelle interne alla CNESC, hanno cercato di agire in coerenza con i valori dell’obiezione e perseguito il protagonismo dei giovani
Da qui la richiesta che gli obiettori ricevessero obbligatoriamente una formazione ai valori oltre che pratica
Da qui la richiesta di regole civili nel servizio degli obiettori, invece che l’applicazione delle regole delle caserme
Da qui la costruzione di figure oggi riconosciute come indispensabili
OLP, RLEA, selettore, formatore
Il Servizio Civile ha fatto bene all’opinione che i il Paese ha dei giovani?
Ha influenzato le scelte dei governi nelle politiche verso i giovani?
Più che risposte richiamo un percorso che oggi va messo al centro
C’è stata e c’è un’Italia generosa, altruista, vogliosa di mettersi alla prova, di partecipare, indignata per le tante ingiustizie di allora e di oggi
Attraverso il Servizio Civile degli obiettori e oggi dei giovani del SCN questa Italia si è espressa, si esprime, quasi sempre nel silenzio delle istituzioni (quanti sono i Comuni che festeggiano i giovani del SCN nel loro territorio in Consigli Comunali aperti?)
Una ricerca di IRS per il Rapporto 2006 di Cnesc indicava in circa il 20% il numero di obiettori e giovani SCN che dopo il servizio civile sono diventati cittadini esplicitamente impegnati nelle comunità locali (260.000 persone!!)
Oggi siamo qui a parlare di quest’Italia a tutto il Paese
Parliamo dell’obiettore “martire” e di quello normale
Del giovane SCN ipermotivato e di quello che lo ha fatto per soldi
Per questo, in conclusione, la nostra proposta era allora sempre più obiettori e meno militari, oggi il servizio civile per tutti quelli che lo chiedono, aperto agli stranieri di cui parleremo domani
E domani torneremo a confrontarci su quello che è stato il vero punto di debolezza del Servizio Civile Italiano “il suo mancato accasamento nello Stato”, cioè la debole consapevolezza e investimento delle istituzioni.
Un’unica volta i governi della Repubblica furono veramente consapevoli: nel 1996-1998 con il Prof. Prodi Presidente del Consiglio e il Prof. Andreatta ministro della Difesa, decisivi per avere la riforma della legge del 1972 sull’obiezione di coscienza al servizio militare e aprire la strada ad un Servizio Civile Istituzione della Repubblica.
Un’alleanza per il futuro del servizio civile
A conclusione del convegno “Avrei (ancora) un’obiezione! Dal carcere al servizio civile, percorsi per una difesa civile, non armata, nonviolenta”, svoltosi il 15-16 dicembre a Firenze, a 40 anni dal riconoscimento legale dell’obiezione di coscienza al servizio militare, le associazioni firmatarie lanciano l’appello “Un’alleanza per il futuro del servizio civile” ed invitano altri soggetti della società civile organizzata ad aderire.
Negli ultimi 40 anni l’Italia ha visto nascere e consolidarsi il servizio civile, prima rivolto agli obiettori di coscienza al servizio militare e, dal 2001, svolto dai giovani, uomini e donne del SCN, su base volontaria.
Circa un milione e trecentomila persone lo hanno realizzato, molte di più avrebbero voluto parteciparvi.
I cittadini residenti nel nostro Paese, soprattutto i più deboli, il patrimonio culturale e artistico, il protagonismo dei giovani ne hanno tratto giovamento.
Le difficoltà incontrate (un finanziamento pubblico incerto e calante, , la diversità di visioni fra Stato e Regioni, le differenze rilevanti nell’investimento da parte degli enti) hanno ridotto l’efficacia dell’impatto, ma hanno anche permesso di capire le vie di uscita in positivo.
Promozione della pace in modo non armato e nonviolento, cittadinanza attiva, crescita del capitale sociale e umano della popolazione, a cominciare dai giovani, sono obiettivi comuni dell’Unione Europea e del nostro Paese.
Il servizio civile, istituzione della nostra Repubblica deputata alla difesa civile della Patria, all’educazione alla pace, e all’impegno civico dei giovani, attraverso concrete attività per le comunità, può essere uno degli strumenti principali in questa strategia se le Istituzioni nazionali
e comunitarie decidono seriamente di farlo proprio, e può contribuire, in un momento di grandi difficoltà per il mondo giovanile, a concorrere al progresso materiale e spirituale della società, come prevede la Costituzione.
Perché questo possa accadere servono, a nostro avviso, alcune scelte che sottoponiamo alle forze politiche che partecipano alle elezioni politiche nazionali 2013.
• Rendere il servizio civile accessibile a tutti coloro che chiedono di parteciparvi, realizzato in forme più flessibili dell’attuale , sia per durata che per organizzazione delle attività e la valorizzazione dei servizi civili regionali promossi in questo decennio.
• Innovare la legislazione nazionale prevedendo la stabilizzazione dell’impegno finanziario statale e regionale, aprendosi a quello comunitario, fissando procedure di coinvolgimento delle istituzioni regionali e di terzo settore nella definizione della programmazione
pluriennale.
• Rendere effettiva la possibilità di “concorrere, in alternativa al servizio militare, alla difesa della Patria, con mezzi e attività non militari”, come previsto dalle legge istitutiva, definendo un parametro chiaro dell’impegno finanziario nel bilancio dello Stato per la difesa civile, attività specifica del SCN, rispetto a quello del finanziamento per la difesa militare, attività specifica delle FFAA, anche attivandosi per la costituzione dei corpi civili di pace a livello europeo, così come previsto da trattato di Lisbona, sancendo così la pari dignità tra le due forme di difesa della Patria, previste dal nostro ordinamento.
• Collegare il servizio civile, nella finalità di educazione alla pace (attività prevista dalle “Linee guida per l’educazione alla pace nelle scuole” emanate dal Governo nel 2007) in modo non armato e nonviolento, al processo di costruzione della sicurezza comune e del concorso dell’Unione Europea alla pace nel mondo, anche incrementando la progettazione di pace nei luoghi di conflitto e lo scambio con giovani di altri Paesi.
• Aprire il servizio civile ai cittadini stranieri residenti nel nostro Paese.
• Fare della dimensione formativa ed educativa dei giovani, l’identità sostanziale a cui finalizzare le specifiche attività e il percorso di conoscenza delle funzioni delle Istituzioni pubbliche e delle
organizzazioni sociali.
• Sviluppare il concorso al finanziamento del SCN da parte delle organizzazioni accreditate, valorizzando le esperienze già esistenti, salvaguardando la titolarità dell’assegno mensile per i giovani da parte dello Stato.
• Innovare la rete delle organizzazioni, di terzo settore e pubbliche, chiamate a promuovere le diverse attività, superando gli attuali squilibri di motivazione e investimento.
• Promuovere il riconoscimento dello status di giovane in SCN e la valorizzazione delle competenze, sociali e professionali, acquisite dai giovani durante il SCN.
Promosso da CNESC, Movimento Nonviolento, Forum Nazionale Servizio Civile, Forum Nazionale dei Giovani, Sbilanciamoci, Forum Terzo Settore, Tavola della Pace, MIR.