Carlo Cassola


In ricordo di Cassola

Quando il 4 aprile 1987 si tenne a Firenze il convegno su Cassola “Letteratura e disarmo” erano passati poco più di due mesi dalla morte dello scrittore. Il convegno nacque, mi pare, da un suggerimento di Mario Capanna, ma fu voluto e organizzato dalla L.D.U. per un’ urgenza. L’urgenza era quella di rimuovere l’idea di un Cassola scisso in due ad un çerto punto del suo percorso di scrittore, e di più colpito da una sorta di monomania antimilitarista, che s’insinuava, arrivata alla fine dell’esaurirsi della sua vena poetica. Il titolo, ripreso, era “Letteratura e disarmo”. Dove, ovviamente, per me, che ero, allora, della LDU la “e” era chiaramente una congiunzione e non rappresentava certo alcuna contrapposizione. Tuttavia, nel momento del convegno, il nome rimaneva così volutamente ambiguo.

Devo ricordare che, quando, il 29 gennaio 1987, Cassola morì, lo scrittore era ormai un isolato. Destino di molti, ma destino a cui Cassola avrebbe, a detta dei più, potuto tranquillamente sfuggire. Si trattava, in fondo, di amministrare “saggiamente” il proprio patrimonio di scrittore e di non confondersi in un assordante tam-tam antimilitarista che, a molti, parve uscire dal nulla. Riguardo all’isolamento di Cassola, fu indicativo il giorno del suo funerale. Ricordo che era un giorno freddo e ventoso. Mi pare che piovesse anche. C’erano pochi intimi e, fra questi, Mario Capanna. Il funerale partì dalla sua casa di Montecarlo di Lucca. Fuori dalla porta c’erano i fiori inviati dalla Presidenza del Consiglio di allora. Tanta stima “ufficiale” strideva con il non consenso reale delle istituzioni e dei media.

L’isolamento rimaneva grande anche nel momento della morte. Posso sbagliare, ma non ricordo di aver visto un solo giornalista presente quel giorno al funerale di Cassola, Tuttavia, fu un bel funerale, se l’aggettivo si può usare per un funerale. Un funerale del dopoguerra: scarno, solitario, importante come la morte, senza inutili fronzoli, letterariamente compiuto. Sarebbe piaciuto a Cassola.

Alla fine della sua vita, Cassola, come scrittore aveva dato molto alla letteratura, e come antimilitarista aveva dato molto al mondo pacifista e nonviolento. Anche la sua morte solitaria testimoniava di questo “molto”. Credo che sia giusto ricordare qualcosa di quel “molto”. Cassola era stato tra i promotori della prima Campagna di Obiezione alle Spese Militari nel 1982 assieme a Pietro Pinna, Mario Capanna, Marco Pannella e Ernesto Balducci. Ma, soprattutto, Cassola era stato il “padre” del disarmo unilaterale in Italia. E il gesto “culturale” del disarmo unilaterale abita ancora tra noi e fa ancora vivo tra noi Carlo Cassola. Di lui ci resta il suo insegnamento semplice e forte, che va dritto al bersaglio e che ci insegna che il militare è sbagliato e che la guerra è la faccia violenta di una realtà violenta e che, se non la togliamo di mezzo, non potremo avviarci a cambiare la realtà presente, che è, in gran parte, una realtà militare.

Io credo che per traghettare questa nostra vita armata e piena di insicurezza a una vita disarmata, più vivibile e più serena, perché capace finalmente di guardare a un futuro degno di questo nome, servirà anche il pungolo delle idee antimilitariste di Cassola. Del resto, le sue idee sono già sono servite, oggi, a partorire, in parte, altre idee sulle quali i pacifisti e i nonviolenti stanno attualmente lavorando. Una di queste è, mi pare, l’idea dei corpi civili di pace, l’altra è impedire il fuoco atomico. Ed giusto ricordarlo oggi che, su questi temi, mi sentirei di dire anche su suggerimento di Carlo Cassola, è la società civile che scende in campo in difesa della vita, messa in pericolo, ovunque sul pianeta, dalla violenza e dal militare.

Mi piace ricordare queste sue parole che mi appaiono oggi decisamente attuali:

Basterebbe che un solo popolo si ribellasse al ricatto della difesa per mettere in crisi il militarismo dappertutto. Patriotticamente mi auguro che questo popolo più intelligente degli altri sia il mio. (………………………..)Chi non capisce che è questo il terreno dello scontro decisivo tra progresso e reazione , tra civiltà e barbarie, è di destra, anche se si proclama di sinistra. In altre parole, o la sinistra vince la battaglia per la pace, o non avrà un’occasione di farsi valere, perché il mondo salterà in aria.”

Queste sue parole sono tratte da “La rivoluzione disarmista”. In quel suo testo Cassola era tutto impegnato a convincere tutti della necessità di sbarazzarci del militare, come un pericolo grave e un peso, anche economico, inutile e pesantissimo. Cassola vedeva il militarismo come una catena che avvolge l’intero pianeta nelle sue spire mortali. E chiedeva a tutti noi di spezzare quella catena. Questa sua posizione, come ho già ricordato, gli è costata molto. Anche se a più d’uno, nell’area nonviolenta, l’antimilitarismo di Cassola non piaceva, perché, andando dritto, sembrava deviare dalle complessità del problema, sembrava semplificare troppo, la realtà è che l’antimilitarismo sostenuto da Cassola è ancora, purtroppo, una lotta di questi giorni e sarà ancora di più la lotta di domani. Per questo, credo che sia giusto che noi, amici della nonviolenza, si ricordi Carlo Cassola come l’antimilitarista difensore della vita, l’ideologo dell’esistenza, il compagno generoso con il quale siamo fieri di aver fatto un pezzo di strada verso la costruzione faticosa della pace.

Silvano Tartarini